Pillole di Mercato
- Federico Caligiuri

- 26 set
- Tempo di lettura: 5 min
(39° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:
Harumi Murakami: “Il tempo scorre in una sola direzione, ma a volte dentro di noi compie dei giri strani”
I mercati globali hanno imboccato la strada della cautela e per la quarta seduta consecutiva hanno chiuso in calo. L’indice MSCI All Country World ha perso un altro 0,1%, inanellando la più lunga striscia negativa dell’ultimo mese. A pesare sono i dubbi crescenti sulle valutazioni considerate ormai eccessive, ma anche le voci discordanti provenienti dai funzionari della Federal Reserve sul futuro dei tassi d’interesse. In Asia la seduta è stata particolarmente pesante, con un ribasso dello 0,8%, il peggiore di settembre. A guidare le vendite il comparto farmaceutico, colpito in pieno dall’annuncio shock di Donald Trump: una tassa del 100% su tutti i farmaci di marca o brevettati. Una misura che rischia di cambiare le regole del gioco per l’intero settore e che gli investitori hanno subito prezzato. Gli Stati Uniti, nel frattempo, valutano anche un piano per ridurre drasticamente la dipendenza da semiconduttori prodotti all’estero, una mossa che, se confermata, potrebbe ridisegnare le catene di fornitura globali. In questo clima di incertezza, il dollaro si è mantenuto vicino ai massimi delle ultime tre settimane, mentre i Treasury hanno scambiato in un range stretto, con gli occhi puntati al dato sull’inflazione PCE atteso venerdì. Non sorprende che, dopo un rimbalzo monstre da 15.000 miliardi di dollari partito dai minimi di aprile, i mercati abbiano iniziato a mostrare segni di stanchezza. Le tensioni commerciali, le prospettive di bilancio USA con il rischio di shutdown e l’imminente stagione delle trimestrali formano un muro di incertezze che frena l’appetito al rischio. Trump non si è fermato ai farmaci. Ha annunciato una nuova raffica di dazi che scatteranno mercoledì prossimo: il 25% sui camion pesanti importati, il 50% su cucine e mobili da bagno, il 30% sull’arredo imbottito. Una strategia che spaventa i mercati internazionali e che ricorda le fasi più turbolente della guerra commerciale con la Cina. Il mercato azionario statunitense continua a preoccupare anche per le valutazioni: l’S&P 500 ha toccato un rapporto prezzo/utili a 12 mesi di 22,9, un livello visto solo in due occasioni negli ultimi vent’anni, ovvero la bolla dot-com e il rally pandemico del 2020. Non sorprende quindi che le cosiddette “Magnifiche Sette” abbiano corretto, con un calo vicino all’1%. Il comparto tecnologico non è stato immune: in Corea del Sud gli investitori hanno preso profitto sui chip, con Samsung Electronics in calo del 4% e SK Hynix giù di oltre il 5%. Segnali di prese di beneficio dopo un mese di forti guadagni. Ma il tema centrale resta la Federal Reserve. Le divisioni interne si fanno più visibili. Stephen Miran ha ribadito la sua contrarietà al taglio “solo” da 25 punti base della scorsa settimana, preferendo un intervento più deciso da mezzo punto. Michelle Bowman ha sottolineato come l’inflazione sia ormai vicina al target e che la debolezza del lavoro giustifichi nuovi tagli. Dall’altra parte Austan Goolsbee e Jeff Schmid hanno frenato, ricordando che l’inflazione da dazi rimane un rischio e che non serve “forzare la mano”. A complicare il quadro, Lorie Logan dalla Fed di Dallas ha persino suggerito di abbandonare il federal funds rate come riferimento principale, sostituendolo con un tasso overnight legato ai Treasuries. Queste spaccature interne alimentano la confusione dei mercati, che ora guardano con ansia ai dati di venerdì. Il PCE, misura chiave per l’inflazione americana, dovrebbe mostrare un +0,2% mensile e un +2,9% annuo, ancora lontano dall’obiettivo del 2%. Un dato che potrebbe decidere il ritmo dei prossimi tagli. Nel frattempo, le materie prime raccontano un’altra storia: il petrolio è diretto verso il miglior guadagno settimanale da oltre tre mesi, sospinto dalle tensioni su Russia e forniture energetiche. L’oro, dal canto suo, rimane a un passo dal record, inanellando la sesta settimana positiva consecutiva. Sul fronte corporate, le notizie non mancano: Trump ha accelerato i piani per la vendita delle attività americane di TikTok, valutate 14 miliardi di dollari; Boeing ha incassato un ordine storico da Turkish Airlines per 225 aerei; Volkswagen ha annunciato tagli alla produzione in Germania. In Europa la musica non è stata diversa: lo STOXX 600 ha perso lo 0,7%, toccando i minimi di tre settimane. A pesare è stato il comparto healthcare, travolto dall’indagine americana sulle importazioni di dispositivi medici. Siemens Healthineers ha perso il 3,4%, Coloplast e Philips oltre il 3%. Male anche materiali e industriali. Non sono mancate eccezioni: H&M ha brillato con un +9,8% dopo utili ben oltre le attese, mentre i minerari hanno beneficiato del rally del rame. In Italia, invece, il colpo di scena lo ha dato Brunello Cucinelli, crollato del 17% dopo la notizia di una posizione short di Morpheus Research. In sintesi, la narrativa che fino a pochi mesi fa sembrava blindata – crescita resiliente, inflazione sotto controllo, tagli della Fed a sostegno – oggi mostra crepe evidenti. Il mercato sembra oscillare tra due paure: quella di un’inflazione che non scende abbastanza e quella di un’economia che inizia a scricchiolare. In mezzo, resta la Fed, divisa e sotto pressione politica, con investitori che cercano disperatamente un segnale chiaro. I market movers di oggi sono: indice PCE (prezzi al consumo preferito dalla Fed) e indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan negli Stati Uniti.
IERI
I listini dell’Asia hanno chiuso misti. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,08%, China A50 +0,71%, Hang Seng ha chiuso a +0,03%, il Nikkei +0,15%, l’Australia +0,01%, Taiwan ha chiuso a -0,46%, la Corea del Sud Kospi -0,21%, l’indice Indiano Sensex chiuso -0,08%. Il nostro FTSEMib -0,43%, Dax chiuso -0,56% Ftse100 -0,39%, Cac40 -0,41%, Zurigo -0,74%. Lo S&P500 -0,50%, il Nasdaq chiuso -0,50%, il Russell2000 -0,98%. L’oro ha chiuso a 3.771,10 ollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 64,99$ per il wti e 69,15$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 32,410. Lo spread BTP/BUND 86,350. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 16,74%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,15%, China A50 -0,83%, Hang Seng ha chiuso a -0,33%, il Nikkei -0,63%, l’Australia +0,04%, Taiwan ha chiuso a -1,98%, la Corea del Sud Kospi -2,62%, l’indice Indiano Sensex chiuso -0,38%. Al momento in cui scrivo, i mercati europei hanno una previsione di apertura debole così come gli Stati Uniti. L’oro si attesta a 3.775,10 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 64,98$ per il greggio e 69,42$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 109.622 e l’Ethereum 3.963.
Buona giornata e buon fine settimana.
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