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Pillole di Mercato

(28° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:

De Saint-Exupery A.: “Chiediti che cosa ti rende felice e poi fallo. Il mondo ha bisogno di persone felici”

 

Oggi a Wall Street si respira ancora aria di festa. La settimana è stata breve per via del 4 luglio, ma i mercati non hanno perso tempo: l’S&P 500 e il Nasdaq hanno centrato nuovi massimi, mentre il Dow Jones si è avvicinato ai livelli record di dicembre. Dall’altra parte dell’Atlantico, però, l’atmosfera è decisamente più tesa. In Europa pesano le incertezze e lo Stoxx 600 ha chiuso in calo. La Cina, intanto, ha deciso di saltare una parte del summit con l’Unione Europea e ha introdotto dazi sul brandy europeo per i prossimi cinque anni, risparmiando però quei produttori che riescono a mantenere prezzi competitivi. Negli Stati Uniti il dato sul lavoro ha dato la spinta decisiva: a giugno sono stati creati 147.000 nuovi posti, contro i 110.000 attesi, e la disoccupazione è scesa al 4,1%. Con un’economia così solida, il mercato guarda oltre i dazi e oltre i tweet di Trump. Finché i fondamentali tengono, gli investitori sembrano rimanere sereni. I tecnologici fanno la loro parte: Nvidia è ormai a un soffio dai 4.000 miliardi di capitalizzazione, spinta dalla corsa mondiale all’intelligenza artificiale. Microsoft, Amazon, Broadcom e Apple seguono a ruota, senza che nessuno sembri intenzionato a rallentare. Fuori dal mercato azionario, i segnali sono più contrastanti. I rendimenti dei Treasury salgono dopo i dati sul lavoro, il dollaro recupera terreno pur restando in calo nella settimana, mentre Bitcoin si mantiene sopra i 109.000 dollari, vicino ai massimi. Il petrolio scivola a 67 dollari al barile proprio mentre l’OPEC+ prepara un nuovo aumento della produzione da oltre 400.000 barili al giorno a partire da agosto. L’oro, come spesso accade in questi casi, perde terreno dopo il report occupazionale, segnale che i mercati leggono numeri solidi come motivo per ridurre le coperture. Guardando alla Cina, è sempre più chiaro che non basta più aprire un foglio Excel, leggere la voce “PIL” e illudersi che tutto vada bene. Negli anni Novanta bastava far correre il PIL per dire che un paese stava bene; oggi non è più così. La crescita cinese resta intorno al 5%, che potrebbe sembrare notevole, ma dietro quel dato si nascondono problemi seri: la disoccupazione non cala, gli immobili non si vendono, i prezzi diminuiscono. Nonostante qualche segnale positivo recente, con una leggera ripresa della produzione industriale e un incremento dei consumi grazie a incentivi mirati, restano molte incognite. Una parte della produzione extra è stata una corsa contro il tempo per spedire merce prima dei dazi USA; quindi, non è detto che questi segnali possano durare. La Cina ha probabilmente evitato il peggio, ma non tornerà ai ritmi degli anni d’oro, e occorre accettare che i vecchi target di crescita non bastano più per raccontare la realtà. L’euro, intanto, appare forte all’esterno ma fragile all’interno. Vedere l’euro in rialzo può dare l’impressione di un’Europa sicura e solida, ma per un continente che vive di export è più una zavorra che un vantaggio. Un euro forte rende i prodotti europei meno competitivi e riduce i margini delle aziende, un problema serio per un’economia che cresce a malapena dell’1% e che ha un’inflazione tornata al 2%, perfettamente in linea con il target della BCE. Nonostante i tagli ai tassi recenti, la moneta unica ha continuato a salire, segno che le dinamiche globali e i flussi di capitale contano più delle leve di politica monetaria. La BCE sa che un euro sopra 1,20 non è sostenibile, ma finché i governi non stimolano la domanda interna, l’export resterà il motore principale e un euro forte diventa un ostacolo. Intanto ci si avvicina al 9 luglio, data cruciale in cui scadranno i 90 giorni di tregua concessi da Trump ai dazi, i famosi "Liberation Day tariffs". Se entro quella data non verranno trovati nuovi accordi, i dazi scatteranno, con aumenti a doppia cifra su decine di Paesi e il rischio di spingere l’economia americana verso la recessione. Trump però non è tipo da rispettare rigidamente le scadenze: aveva annunciato i dazi ad aprile, salvo poi metterli in pausa una settimana dopo. Ha dato tempo ai Paesi coinvolti per trattare, con esiti misti. Con il Regno Unito, per esempio, è stato trovato un accordo di massima per ridurre le barriere e abbassare i dazi sulle auto. Con il Vietnam, invece, l’accordo è stato più severo: 20% sui prodotti fabbricati localmente e 40% su quelli che passano in transito. La Cina e gli Stati Uniti si sono limitati a rimuovere alcuni ostacoli introdotti dopo il Liberation Day: la Cina ha tolto i limiti all’export di terre rare, mentre Washington ha alleggerito restrizioni su alcune esportazioni. Più che un progresso vero, sembra un ritorno alla casella di partenza. Il tempo stringe e pochi giorni non bastano per chiudere trattative che normalmente richiederebbero anni. Se non si arriverà a un accordo, Trump minaccerà di inviare lettere ai Paesi coinvolti spiegando quali saranno le tariffe da pagare per continuare a commerciare con gli USA. Alcuni sperano ancora in una proroga e si parla già di Labor Day a settembre come possibile nuova scadenza. Anche se arrivassero nuovi accordi, il campo di battaglia commerciale resterebbe minato. I dazi di base del 10%, i 25% sull’acciaio e le auto straniere, così come quelli su farmaci, legname, rame e semiconduttori, potrebbero restare. L’incertezza stessa sta già bloccando decisioni e investimenti, alimentando un clima di attesa e cautela che rischia di diventare un freno per la crescita globale. In questo contesto, tra mercati in festa e tensioni che serpeggiano sottotraccia, serve lucidità per non confondere l’euforia con la solidità e per essere pronti a reagire se il vento dovesse cambiare. L’agenda macroeconomica che va dal 7 al 11 luglio 2025 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di diversi dati macroeconomici importanti riguardanti le principali economie del Vecchio Continente e gli Stati Uniti. Per il Regno Unito si attendono l’indice dei prezzi delle case Halifax, il PIL annuale, la produzione industriale e la bilancia commerciale, tutti riferiti al mese di maggio. In Germania, i dati in arrivo riguardano la produzione industriale, la bilancia commerciale e l’inflazione, che daranno indicazioni sull’andamento della manifattura e della domanda interna nel mese di maggio e sul trend dei prezzi a giugno. Per l’Eurozona, si attendono la fiducia degli investitori Sentix di luglio e le vendite al dettaglio di maggio, elementi utili per valutare l’umore degli operatori economici e la forza dei consumi nella regione. In Italia, l’attenzione sarà rivolta alla produzione industriale di maggio, dato chiave per comprendere il ritmo della ripresa nel settore manifatturiero. Negli Stati Uniti, in agenda l’indice NFIB sulle piccole imprese, le aspettative di inflazione dei consumatori della Fed di New York, le vendite del commercio all’ingrosso, i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria della Federal Reserve, le nuove richieste di sussidi di disoccupazione e i dati settimanali su scorte e produzione di greggio. Per la Cina, sono attesi i dati sui prezzi al consumo e alla produzione di giugno. Infine, in Giappone si guarderà ai prezzi alla produzione, e in Australia si terrà la riunione di politica monetaria della RBA.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso per lo più positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,78%, China A50 +1,48%, Hang Seng ha chiuso a -0,36%, il Nikkei +0,05%, l’Australia +0,00%, Taiwan ha chiuso a -0,73%, la Corea del Sud Kospi -1,70%, l’indice Indiano Sensex +0,10%. Il nostro FTSEMib -0,80%, Dax chiuso -0,61% Ftse100 +0,00%, Cac40 -0,75%, Zurigo -0,05%. Lo S&P500 chiusa per festività, il Nasdaq chiusa per festività, il Russell2000 chiusa per festività. L’oro ha chiuso a 3.346,50 ollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 66,49$ per il wti e 68,30$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 33,469. Lo spread BTP/BUND 90,400. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 17,48%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,24%, China A50 -0,62%, Hang Seng ha chiuso a -0,45%, il Nikkei -0,62%, l’Australia -0,24%, Taiwan ha chiuso a -0,71%, la Corea del Sud Kospi +0,20%, l’indice Indiano Sensex -0,06%. Al momento in cui scrivo, i mercati europei hanno una previsione di apertura positiva mentre gli Stati Uniti sono negativi. L’oro si attesta a 3.316,35 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 66,23$ per il greggio e 67,97$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 109.178 e l’Ethereum 2.573.

 

Buona giornata e buona settimana.


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