Pillole di Mercato
- Federico Caligiuri
- 23 giu
- Tempo di lettura: 5 min
(26° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:
Crescita personale: “Se il problema sei tu, allora sei tu anche la soluzione. Ricordalo”
Settimana nervosa che si è chiusa in calo. A pesare sui listini sono stati soprattutto i titoli dei chipmaker, travolti da un’indiscrezione del Wall Street Journal secondo cui gli Stati Uniti starebbero per revocare le autorizzazioni a diverse aziende alleate che continuano a fare affari con la Cina nel settore dei semiconduttori. Nel frattempo, Trump ha fatto sapere che potrebbe lasciare spazio alla diplomazia tra Israele e Iran, ma ha ribadito che un intervento militare resta sempre sul tavolo. Detto fatto, nella notte di sabato l’aviazione americana ha colpito diversi siti nucleari iraniani, in coordinamento con l’intelligence israeliana. Gli attacchi hanno preso di mira impianti di arricchimento e strutture strategiche, con danni importanti. Le conseguenze si sono fatte sentire subito nei mercati OTC: il petrolio ha registrato un forte balzo, l’oro ha toccato nuovi massimi e vari asset rischiosi hanno subito prese di profitto. Ora l’attenzione è tutta sulla riapertura delle Borse, che domani potrebbero aprire all’insegna della volatilità. Anche tra gli alleati il clima si fa teso. Trump ha liquidato come inutili i tentativi di mediazione di Francia, Germania e Regno Unito, mentre il Giappone ha cancellato un incontro con Washington dopo che gli Stati Uniti avevano chiesto un aumento delle spese per la difesa. In questo contesto, con 6.500 miliardi di opzioni in scadenza, nessuno ha avuto reale voglia di esporsi. Powell ha parlato di incertezza e ha avvertito che i nuovi dazi potrebbero riaccendere l’inflazione. I dati macro sono sotto le attese e gli operatori iniziano a ricalcolare i tempi dei tagli della Fed, con settembre che sembra il momento più probabile e ottobre ormai dato per sicuro. Chi ha evitato scelte impulsive ha navigato meglio, così come chi ha diversificato. Il mix 60/40 (60% azioni, 40% obbligazioni) si conferma valido. Oro, obbligazioni, azioni non USA e Bitcoin sono tutti in ripresa, con l’indice delle materie prime già a +8% da inizio anno e l’oro vicino al +30%. Gli ETF riflettono questa tendenza: i grandi fondi americani stanno diversificando come non accadeva da tempo, privilegiando la protezione rispetto alla rincorsa dei temi di moda. Nonostante l’inflazione sia in calo, la Fed non ha tagliato i tassi. Powell ha spiegato che il motivo principale è l’effetto ancora sconosciuto dei dazi, che colpiranno i consumatori nei prossimi mesi. Finché l’impatto sui prezzi non sarà chiaro, sarebbe prematuro allentare la politica monetaria. A ciò si aggiunge un mercato del lavoro ancora forte, con disoccupazione al 4,2% e nessuna urgenza di stimolo, e la consueta attenzione alle prospettive future. La Fed prevede ancora due tagli da 25 punti base entro l’anno, ma il comitato è diviso. Per ora si resta fermi, pronti ad agire se necessario. Nel frattempo, le materie prime continuano a muoversi. A maggio i prezzi alimentari sono saliti in modo sensibile e il caos in Medio Oriente minaccia il transito di fertilizzanti e petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz. I futures sul grano stanno già rispondendo con posizioni ribassiste che si stanno riducendo. Il legame diretto tra prezzo del petrolio e inflazione è ben noto: ogni rincaro del greggio si riflette sui costi di trasporto, energia e produzione. E l’effetto psicologico sui consumatori è immediato: bastano pochi aumenti nei carburanti per cambiare la percezione dell’inflazione, rendendo più difficile alla Fed giustificare un taglio dei tassi. Nel frattempo, Trump alterna dichiarazioni di guerra e di diplomazia, l’Iran risponde con messaggi ambigui e i mercati cercano di anticipare. L’OCSE ha rivisto al ribasso le stime di crescita globale: dal 3,3% del 2024 al 2,9% nel 2025 e 2026, con il rallentamento concentrato soprattutto sui grandi player, Stati Uniti in primis. Si guarda così ad altre aree in crescita: India oltre il 6%, Indonesia al 4,7%, Vietnam in forte sviluppo su export e manifattura avanzata, Brasile e persino l’Argentina, che sorprende nel breve. Il messaggio è chiaro: chi si concentra solo su USA ed Europa rischia di perdere opportunità altrove. Con Stati Uniti in rallentamento, Europa bloccata da anni e Cina in crisi immobiliare, è il momento di puntare su mercati che hanno ancora fame e spazio per crescere. L’agenda macroeconomica che va dal 23 al 27 giugno 2025 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di diversi dati macroeconomici importanti riguardanti le principali economie del Vecchio Continente e gli Stati Uniti. Lunedì verranno pubblicati i PMI preliminari di giugno per le principali economie – Giappone, Francia, Germania, Eurozona, Regno Unito e Stati Uniti – offrendo una visione sincronizzata dell’andamento del settore manifatturiero e dei servizi a livello globale. Nel pomeriggio, dagli Stati Uniti arriveranno anche i dati sulle vendite di abitazioni esistenti. Martedì 24 giugno sarà il momento degli indici IFO in Germania, utili per misurare il sentiment delle imprese tedesche, mentre dagli Stati Uniti giungeranno l’indice dei prezzi delle case, la fiducia dei consumatori del Conference Board e l’indice manifatturiero della Fed di Richmond: dati chiave per capire se il consumatore americano mantiene ancora un ruolo di traino per la crescita. Mercoledì 25 giugno si entrerà nel vivo anche sul fronte europeo, con il PIL spagnolo del primo trimestre e la fiducia dei consumatori francesi. Sull'altra sponda dell’Atlantico, riflettori puntati su vendite di case nuove e sul consueto aggiornamento settimanale dell’EIA sulle scorte e la produzione di greggio. Giovedì 26 giugno sarà probabilmente la giornata più intensa della settimana sul fronte macro USA. In rapida successione arriveranno: PIL trimestrale, ordini di beni durevoli, bilancia commerciale, sussidi di disoccupazione, vendite di case pendenti, indice dell’attività nazionale della Fed di Chicago e indice manifatturiero della Fed di Kansas City. Venerdì 27 giugno, dal Giappone arriveranno le letture dell’inflazione, disoccupazione e vendite al dettaglio. Nel Vecchio Continente saranno protagonisti il PIL del Regno Unito, fiducia delle imprese e dei consumatori in Italia ed Eurozona, prezzi alla produzione, vendite industriali, inflazione in Spagna e Francia. Ma il momento clou sarà nel pomeriggio, con la pubblicazione negli Stati Uniti del deflatore PCE di maggio, metrica di inflazione preferita dalla Federal Reserve, insieme a reddito e spesa personale e alla fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan.
VENERDI’
I listini dell’Asia hanno chiuso per lo più positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,71%, China A50 -0,73%, Hang Seng ha chiuso a +1,23%, il Nikkei -0,04%, l’Australia -0,25%, Taiwan ha chiuso a -0,58%, la Corea del Sud Kospi +1,08%, l’indice Indiano Sensex +0,76%. Il nostro FTSEMib +0,74%, Dax chiuso +1,27% Ftse100 -0,20%, Cac40 +0,48%, Zurigo +0,23%. Lo S&P500 -0,21%, il Nasdaq -0,55%, il Russell2000 -0,17%. L’oro ha chiuso a 3.385,70 ollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 73,84$ per il wti e 77,01$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 40,929. Lo spread BTP/BUND 100,700. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 20,62%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,15%, China A50 -0,16%, Hang Seng ha chiuso a -0,09%, il Nikkei -0,18%, l’Australia -0,44%, Taiwan ha chiuso a -1,34%, la Corea del Sud Kospi -0,56%, l’indice Indiano Sensex -1,02%. Al momento in cui scrivo, i mercati europei hanno una previsione di apertura negativa così come gli Stati Uniti. L’oro si attesta a 3.374,02 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 75,10$ per il greggio e 76,68$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 101.230 e l’Ethereum 2.237.
Buona giornata e buona settimana.

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