Pillole di Mercato
- Federico Caligiuri
- 17 giu
- Tempo di lettura: 4 min
(25° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:
Lenin Vladimir: “Ci sono decenni in cui non succede nulla, e ci sono settimane in cui accadono decenni”
Dopo un inizio di settimana improntato all’ottimismo, i mercati sono tornati sulla difensiva in seguito alle dichiarazioni del presidente Trump, che ha invocato l’evacuazione di Teheran durante il vertice del G7 in Alberta, in netto contrasto con i toni più concilianti dei giorni precedenti. La reazione è stata immediata: i future su azioni statunitensi ed europee sono scesi, mentre il petrolio ha registrato un balzo significativo. L’oro ha mostrato oscillazioni in seguito ai commenti del presidente americano, mentre il dollaro, inizialmente in calo, si è rafforzato per effetto della ricerca di valute rifugio. Nonostante l’incertezza geopolitica, l’indice S&P 500 aveva guadagnato circa l’1% lunedì, tornando sopra quota 6.000, sostenuto da un sentiment più disteso che faceva ipotizzare un conflitto circoscritto tra Israele e Iran. Secondo alcuni strategist, il mercato ha mostrato resilienza di fronte agli sviluppi in Medio Oriente, ritenendo che le tensioni passate si siano rivelate temporanee. Tuttavia, il clima è rimasto instabile, con le azioni asiatiche in rialzo in Giappone e Corea del Sud, ma in calo su Hong Kong e Cina. Sul fronte obbligazionario, l’asta da 13 miliardi di dollari dei Treasury a 20 anni ha avuto esito regolare, segnalando un miglioramento rispetto al collocamento del mese scorso che aveva provocato una brusca correzione. Il rendimento del decennale americano ha mostrato tenuta, mentre il comportamento dei titoli a lunga scadenza ha confermato una certa prudenza da parte degli investitori. Trump ha dichiarato che l’Iran era disposto ad avviare un dialogo, pur non escludendo sviluppi militari, e questo ha contribuito a mantenere alta la tensione sui mercati, che valutano se il conflitto si allargherà coinvolgendo altri attori. Il prezzo del greggio WTI è sceso sotto i 70 dollari lunedì sera, per poi risalire martedì verso quota 72, complice il timore che Teheran possa ostacolare i traffici nello Stretto di Hormuz, snodo cruciale per circa un quinto della fornitura mondiale di petrolio. Secondo gli economisti di Morgan Stanley, finché i prezzi restano sotto gli 85 dollari e il dollaro non si rafforza eccessivamente, l’impatto sull’Asia dovrebbe restare gestibile, ma eventuali superamenti di soglia potrebbero posticipare i tagli dei tassi attesi. Mentre l’attenzione si sposta sulla decisione della Federal Reserve di mercoledì, gli investitori attendono segnali da Powell su inflazione, dazi e dinamiche energetiche. Secondo Macquarie, i recenti dati potrebbero essere definiti “incoraggianti” ma non ancora sufficienti per modificare l’atteggiamento attendista della Fed. In Europa, il rimbalzo di lunedì ha consentito allo STOXX 600 di interrompere una serie negativa di cinque sedute, grazie soprattutto al forte recupero dei titoli bancari e del comparto lusso. Kering ha guadagnato quasi il 12% dopo la nomina di Luca de Meo come nuovo CEO. Sul fronte politico-commerciale, il premier britannico Keir Starmer ha formalizzato un accordo con Trump per ridurre le tariffe su alcune esportazioni strategiche, a conferma del dialogo in corso tra Regno Unito e Stati Uniti. La Banca del Giappone ha mantenuto i tassi invariati come previsto e ha annunciato che ridurrà il ritmo degli acquisti obbligazionari più lentamente del previsto, adottando un approccio prudente dopo le recenti turbolenze sui mercati. Anche le decisioni delle banche centrali di Svezia, Norvegia e Svizzera sono attese in settimana. Intanto, restano forti le tensioni in Medio Oriente: l’Iran ha invitato gli Stati Uniti a imporre un cessate il fuoco a Israele come unica via per porre fine all’offensiva aerea in corso, mentre Netanyahu ha ribadito che Israele è “sulla via della vittoria”. Nonostante le previsioni di Goldman Sachs secondo cui la Fed resterà ferma fino a dicembre, il mercato continua a prezzare un primo taglio dei tassi già a settembre. Sullo sfondo, la Commissione Europea ha smentito le voci secondo cui accetterebbe una tariffa generalizzata del 10% da parte degli Stati Uniti sui beni europei. Gli occhi restano puntati sulla prossima mossa della Fed e sull’evoluzione del conflitto Israele-Iran, che potrebbe ridefinire le dinamiche di rischio nei portafogli globali. I market movers di oggi sono: decisine sui tassi di interesse da parte della BOJ in Giappone, indice ZEW del sentiment dell’economia in Germania, produzione e vendite al dettaglio negli Stati Uniti.
IERI
I listini dell’Asia hanno chiuso per lo più positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,19%, China A50 -0,18%, Hang Seng ha chiuso a +0,13%, il Nikkei +1,25%, l’Australia +0,05%, Taiwan ha chiuso a -0,28%, la Corea del Sud Kospi +1,27%, l’indice Indiano Sensex +0,29%. Il nostro FTSEMib +1,24%, Dax chiuso +0,78% Ftse100 +0,28%, Cac40 +0,75%, Zurigo -0,27%. Lo S&P500 +0,95%, il Nasdaq +1,52%, il Russell2000 +1,15%. L’oro ha chiuso a 3.403,77 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 69,86$ per il wti e 72,85$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 37,990. Lo spread BTP/BUND 95,00. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 19,11%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere per lo più negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,09%, China A50 -0,17%, Hang Seng ha chiuso a -0,23%, il Nikkei +0,59%, l’Australia -0,17%, Taiwan ha chiuso a +0,41%, la Corea del Sud Kospi +0,00%, l’indice Indiano Sensex -0,31%. Al momento in cui scrivo, i mercati europei hanno una previsione di apertura negativa così come gli Stati Uniti. L’oro si attesta a 3.411,50 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 70,83$ per il greggio e 73,79$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 107.254 e l’Ethereum 2.591.
Buona giornata.
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