Pillole di Mercato
- Federico Caligiuri
- 16 giu
- Tempo di lettura: 5 min
(25° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:
Linguaggio motivazionale: “Se il prezzo è la tua serenità costa troppo”
L’equilibrio dei mercati si è rotto nel momento in cui l’Iran ha risposto agli attacchi, lanciando missili contro strutture legate al programma nucleare israeliano. L’evento ha riacceso timori latenti, riscritto le priorità degli investitori e provocato un’immediata ondata di volatilità a Wall Street. Il petrolio è balzato di oltre il 7%, l’oro ha sfiorato i massimi storici e l’S&P 500 ha perso terreno cancellando i recenti progressi. I settori legati ai viaggi hanno subito vendite pesanti, mentre i titoli energetici hanno beneficiato della nuova dinamica dei prezzi, che potrebbe influire sulle aspettative d’inflazione. Le obbligazioni statunitensi hanno mostrato un comportamento inusuale: i rendimenti sono saliti, segno che il mercato teme nuove pressioni sui prezzi piuttosto che rifugiarsi nei beni sicuri. Se il rialzo del petrolio dovesse consolidarsi, gli effetti sull’inflazione si farebbero sentire presto, mettendo in discussione l’ipotesi di un taglio dei tassi entro fine anno, tornata in auge dopo i recenti dati sull’inflazione core. L’attenzione ora si sposta sull’aggiornamento del dot plot che la Fed pubblicherà dopo la riunione della prossima settimana. A marzo le proiezioni indicavano due tagli, ma Barclays prevede che le stime sull’inflazione 2025 verranno riviste al rialzo, con conseguente riduzione del numero di interventi previsti. I flussi di capitale riflettono già un cambiamento: nella settimana chiusa mercoledì, i fondi azionari USA hanno registrato deflussi per 9,8 miliardi di dollari, il peggior dato da quasi tre mesi. Anche i fondi europei, che erano in crescita dall’inizio dell’anno, hanno visto riscatti per circa 600 milioni. L’oro rimane vicino ai massimi, sostenuto dalla domanda in fasi di incertezza sistemica, mentre il dollaro ha guadagnato terreno, riaffermandosi come valuta rifugio, pur restando sensibile alle attese sui tassi e al quadro energetico. Il fattore discriminante sarà l’eventuale espansione del conflitto oltre l’asse Israele-Iran: una stabilizzazione contenuta potrebbe riportare equilibrio, ma un’escalation spingerebbe petrolio e inflazione su livelli difficilmente gestibili, con conseguenze sulla crescita e sui consumi. L’S&P 500, nel frattempo, è cresciuto del 20% dai minimi post-Liberation Day, ma con una partecipazione limitata da parte dei grandi fondi, ancora prudenti. I dati raccolti da Deutsche Bank indicano che l’attuale esposizione azionaria dei fondi è stata inferiore solo nel 23% del tempo negli ultimi quindici anni. Questo posizionamento cauto potrebbe però diventare un catalizzatore per ulteriori rialzi: se il mercato continua a salire, i gestori saranno costretti a rientrare. Alexander Altmann di Barclays e Dubravko Lakos-Bujas di JP Morgan concordano nel vedere spazio per nuovi massimi, sostenuti da liquidità abbondante e sentiment ancora incerto. Anche l’Italia sorprende i mercati: il rendimento del decennale si avvicina al 3,4%, lo spread con il Bund scende sotto quota 90 e i CDS italiani si allineano a quelli francesi. Tre fattori spiegano questo cambiamento nella percezione: una politica fiscale prudente senza deviazioni improvvise, una struttura del debito più solida con scadenze allungate e un crescente ruolo degli investitori retail, e una stabilità politica che contrasta con il panorama europeo agitato. Così i BTP tornano nel radar degli asset difensivi, non perché privi di rischio, ma per come quel rischio viene oggi gestito. Resta irrisolto il nodo della bassa produttività italiana, ma la gestione ordinata delle finanze pubbliche inizia a essere premiata. Il petrolio è tornato protagonista: dopo l’attacco aereo israeliano, il Brent è salito fino al 13%. Il timore è che la situazione degeneri e colpisca lo Stretto di Hormuz, da cui transita un quinto del greggio mondiale. Sebbene le forniture non siano state interrotte, il rischio geopolitico ha acceso l’allarme. Questo aumento dei prezzi arriva in un contesto già reso fragile dalle politiche protezionistiche e dalla debolezza della fiducia economica. I Paesi più esposti sono quelli con bilancia energetica negativa, come India, Filippine, Thailandia, Vietnam e anche gran parte dell’Europa. Italia, Francia, Germania e Regno Unito potrebbero subire un aggravio del costo delle importazioni proprio mentre si cerca di rilanciare la crescita con politiche monetarie meno restrittive. Gli operatori sono divisi: alcuni prevedono una fiammata temporanea, altri si coprono con opzioni che pagano solo in caso di ulteriori impennate. OPEC+ e AIE dispongono ancora di strumenti per intervenire, ma richiedono tempo e volontà politica. Per ora, il rialzo è spinto più dalla paura che dai fondamentali, ma in presenza di un contesto instabile, basta poco per innescare nuovi focolai di rischio. L’agenda macroeconomica che va dal 16 al 20 giugno 2025 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di diversi dati macroeconomici importanti riguardanti le principali economie del Vecchio Continente e gli Stati Uniti. Al centro dell’attenzione troviamo le riunioni di politica monetaria delle principali Banche centrali, una lunga serie di dati sull’inflazione e aggiornamenti chiave su crescita e sentiment economico. Si parte con la Cina, che pubblicherà una raffica di dati macroeconomici relativi a maggio: inflazione, produzione industriale, vendite al dettaglio e tasso di disoccupazione. Nella stessa giornata, l’Italia comunicherà il dato sull’inflazione, mentre l’Eurozona diffonderà il costo del lavoro del primo trimestre, utile per valutare le pressioni salariali. Martedì 17 giugno riflettori puntati sul Giappone, con la riunione della Bank of Japan. In Europa arrivano gli indici ZEW di Germania e dell’Eurozona, che misurano le aspettative economiche degli investitori. Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti pubblicheranno i dati sulle vendite al dettaglio, produzione industriale e sentiment del settore immobiliare. Mercoledì 18 giugno sarà la giornata chiave della settimana. Al mattino, focus sull’inflazione nel Regno Unito e per l’Eurozona. Nel pomeriggio, gli occhi saranno tutti puntati sugli Stati Uniti, dove verranno pubblicati i dati su nuovi cantieri e permessi di costruzione, ma soprattutto si terrà la riunione della Federal Reserve, seguita dalla conferenza stampa di Powell. Giovedì 19 giugno sarà una giornata relativamente più tranquilla per via della chiusura dei mercati americani in occasione del Juneteenth. La Bank of England sarà chiamata a esprimersi sui tassi d’interesse. Infine, venerdì 20 giugno si torna in Asia con l'inflazione giapponese e la riunione della People's Bank of China. In Europa, si attendono le vendite al dettaglio nel Regno Unito, il PPI tedesco e la fiducia dei consumatori dell'Eurozona, mentre dagli Stati Uniti arriveranno l'indice Philadelphia Fed e il Leading Index.
VENERDI’
I listini dell’Asia hanno chiuso negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,81%, China A50 -0,68%, Hang Seng ha chiuso a -0,84%, il Nikkei -1,16%, l’Australia -0,32%, Taiwan ha chiuso a -0,70%, la Corea del Sud Kospi -1,13%, l’indice Indiano Sensex -0,92%. Il nostro FTSEMib -1,28%, Dax chiuso -1,07% Ftse100 -0,39%, Cac40 -1,04%, Zurigo -1,44%. Lo S&P500 -1,13%, il Nasdaq -1,30%, il Russell2000 –1,85%. L’oro ha chiuso a 3.4452,80 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 71,29$ per il wti e 74,23$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 37,894. Lo spread BTP/BUND 95,50. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 20,82%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere per lo più positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,19%, China A50 -0,18%, Hang Seng ha chiuso a +0,13%, il Nikkei +1,25%, l’Australia +0,05%, Taiwan ha chiuso a -0,28%, la Corea del Sud Kospi +1,27%, l’indice Indiano Sensex +0,29%. Al momento in cui scrivo, i mercati europei hanno una previsione di apertura negativa gli Stati Uniti sono positivi. L’oro si attesta a 3.446,97 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 72,07$ per il greggio e 74,92$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 106.372 e l’Ethereum 2.575.
Buona giornata e buona settimana.

Comments