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Pillole di Mercato

(12° settimana - anno 2023)

Citazione del giorno:

Joseph Addison: “La lettura è per la mente ciò che l’esercizio è per il corpo e il gioco è per l’anima.”


La settimana appena conclusa è stata sicuramente la più turbolenta da inizio 2023. I mercati hanno iniziato a scontare non solo una pausa all’aumento dei tassi di interesse, ma un possibile cambio di direzione. Ora si sono posizionati per un'interruzione dell’inasprimento delle politiche monetarie e un taglio dei tassi già nel secondo semestre del 2023. Se ricordate infatti ad oggi la situazione è completamente diversa rispetto a quella di 2 settimane fa. Infatti era una situazione che vedeva i mercati scontare i tassi alti per tutto il 2023, con più del 4 % in Europa e più del 5% negli Stati Uniti, con i primi tagli previsti a partire dal primo semestre del 2024. Vediamo cosa è successo questa settimana per far cambiare idea ai mercati. Tutto è partito l'8 marzo. Ma facciamo un passo indietro. Il problema SVB si è iniziato a creare nel 2019 e negli anni successivi quando per molte banche che operavano con le start up tecnologiche sono aumentati i depositi. Finanziamenti di centinaia di migliaia di dollari. Una volta aumentati i depositi SVB per cercare di ottenere rendimenti alti e non tenere parcheggiata la liquidità nel 2021 decide di acquistare MBS (Mortgage Backed Securities) mediamente con scadenza a 10 anni. Il rendimento medio dei bonds era del 2 %. Le Banche tendono a proteggersi dal rischio dei tassi usando gli swap. La Banca Centrale per combattere l'inflazione ha cominciato ad aumentare vecelomente i tassi di interesse. Questo forte aumento ha fatto crollare il valore delle obbligazioni, in particolare dei Corporate Bonds e degli MBS. Mercoledì 8 marzo la Banca ha dichiarato che per recuperare liquidità è stata costretta a vendere 21 miliardi di asset registrando una perdita da 1,8 miliardi di dollari. Dopo il fatto alcuni venture capitalist hanno cominciato a dire ai propri clienti di ritirare i soldi dalla Banca perchè ci sarebbero potuto essere problemi di liquidità. Venerdì 10 marzo la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) ha chiuso e commissionato la banca per mancanza di liquidità. La SVB ha alimentato la paura che si scatenasse un effetto domino nel sistema bancario. Quasi la stessa sorte è capitata alla First Republic banca regionale con sede a San Francisco, quando si è sparsa la voce che la maggior parte dei depositi non è assicurata alla FED. Il titolo ha perso il 30% scendendo fino a 22 dollari, prima che le contrattazioni venissero sospese dalla Borsa di New York. Gli eventi hanno indotto i trader a fuggire dai titoli finanziari durante la settimana e investire in beni rifugio come obbligazioni e oro, investendo anche in titoli tecnologici. Questo ha contribuito a sollevare, il Nasdaq che ha registrato una performance settimanale superiore al 4%. Tuttavia anche l’S&P500 che nel suo paniere ha titoli anche finanziari, ha registrato una buona performance chiudendo la settimana a 3916,64 punti. In Europa è toccato a Credit Suisse che il 15 marzo ha registrato la più grande perdita di sempre arrivando a 1,69 franchi perdendo circa il 25%. A scatenare le vendite è stata l’intervista al presidente Ammar Al Khudairy della Saudi National Bank, principale azionista della banca che detiene quasi il 10% delle azioni della banca elvetica. In questa intervista ha escluso un nuovo sostegno finanziario Credit Suisse, ciò ha messo in crisi azioni, obbligazioni e credit default swap. Le azioni del Credit Suisse erano già sotto pressione quest'anno dopo che la banca aveva avvertito che avrebbe potuto subire perdite sostanziali nel 2023, dopo che il management negli anni precedenti aveva preso decisioni di investimento discutibili. Tuttavia, a fine giornate il titolo è riuscito a limitare le perdite dopo che la banca centrale e l'autorità di regolamentazione finanziaria della Svizzera hanno dichiarato l’istituto riceverà un sostegno alla liquidità, se necessario. Ieri, proprio in chiusura di giornata, è stata ceduta Credit Suisse a UBS per 3 miliardi di dollari, salvando nel concreto il secondo istituto bancario più importante della Svizzera. La Bce non si è fatta influenzare dalla situazione di questa settimana è ha continuato a perseguire l’obiettivo di riportare l’inflazione al 2%. Innanzitutto la situazione Europea è notevolmente diversa rispetto a quella americana, il settore bancario europeo è dotato di buona capitalizzazione e sono finanziati con un base di depositi stabili. Bisogna però tenere in considerazione che una scarsa fiducia del sistema bancario, potrebbe portare il settore a indebolirsi qualora si creassero ingenti deflussi di depositi. In questa situazione di incertezza la Lagarde ha dichiarato di voler continuare a perseguire l’obiettivo di far tornare l'inflazione al 2%, pertanto l’aumento come già scontato dal mercato è stato di 50 punti base. Nella riunione è emerso che le proiezioni inflazionistiche sono migliorate, si vedono in media un abbassamento al 5,3% nel 2023 e al 2,9 nel 2024. Tuttavia è stata vista al rialzo l’inflazione core per il 4,6% per quest'anno ma al ribasso per i prossimi anni. L’obiettivo della Bce come dichiarato dalla Lagarde è quello di prendere decisioni basate sui dati, citando il recente aumento di turbolenza dei mercati. Ha inoltre dichiarato che le decisioni verranno prese in base al ritmo di decelerazione dell’inflazione, e che se ci sarà un'accelerazione potrebbe decidere di aumentare ulteriormente i tassi. L’agenda macroeconomica che va dal 20 al 24 marzo 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno le riunioni di politica monetaria della Federal Reserve e della Bank of England. Nella giornata di venerdì verranno inoltre pubblicati gli indici S&P Global PMI (manifatturiero, servizi e composito) relativi a marzo. Altre misurazioni degne di nota saranno gli indici ZEW (indice di fiducia degli investitori istituzionali) per Germania ed Eurozona.


VENERDI’

I mercati asiatici hanno chiuso, venerdì, in positivo. Nei singoli paesi lo Shanghai +1,37%, China A50 +0,81%, Hang Seng +1,74%, il Nikkei +1,13%, l’Australia +0,42%, Taiwan +1,30%, la Corea del Sud Kospi +0,62%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a +0,29%. Il nostro FTSEMib -1,64%, Dax -1,33%, Ftse100 -1,01%, Cac40 -1,43%, Zurigo -0,98%. Il Nasdaq -0,74%, S&P500 -1,10%, il Russell2000 -2,66%. L’oro ha chiuso a 1.993,70 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 66,34$ per il wti 72,47$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 42,857. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 185,140. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 25,51%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.


PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere tutti in negativo. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,18%, China A50 -0,36%, Hang Seng -3,06%, il Nikkei -1,32%, l’Australia -1,38%, Taiwan -0,21%, la Corea del Sud Kospi -0,54%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a -0,88%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura debole mentre l’America è leggermente positiva. L’oro si attesta a 1.995,55 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 66,15$ per il greggio e 72,03$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 27.649 e l’Ethereum 1.767.


Buona giornata e buona settimana.





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