top of page

Pillole di Mercato

(11° settimana - anno 2025)

Citazione del giorno:

Frida Kahlo: "Non far caso a me. Io vengo da un altro pianeta. Io ancora vedo orizzonti dove tu disegni confini"

 

Che settimana per i mercati! Un vero susseguirsi di colpi di scena e incertezze. Tra la valanga di notizie sui dazi, un’economia USA che rallenta e segnali di una possibile ripresa europea, il mix di fattori ha contribuito a un contesto estremamente difficile. I trader hanno dovuto fare i conti con una perdita che ha colpito vari mercati. Le cosiddette "perdite incrociate" hanno mostrato come i diversi asset - da azioni e obbligazioni, fino a valute e commodity - si siano mossi in maniera quasi sincronizzata. Il Nasdaq ha brevemente superato quel confine critico che definisce una “correzione tecnica" (un calo del 10% dal massimo più recente) e l'S&P 500 è scivolato giù del 6% rispetto al suo picco. Nvidia ha perso più di un quinto del suo valore. Anche altre Big Tech hanno subito pesanti perdite. Il dollaro ha iniziato la sua serie negativa più lunga da settembre, a favore di valute come il peso e il dollaro canadese. Dopo un brusco calo del benchmark azionario statunitense venerdì, un commento rassicurante del presidente della Fed ha contribuito a invertire la tendenza: “l’economia sta bene”. Sullo sfondo, le tensioni geopolitiche si stanno un po’ calmando: Putin potrebbe essere disposto a negoziare una tregua temporanea in Ucraina. Ma mentre le politiche vengono implementate, messe in discussione e poi riproposte, l’unica certezza in questo periodo è la volatilità. I dati economici degli Stati Uniti rendono tutto più difficile, con numeri sul mercato del lavoro che continuano a non offrire una visione chiara sul futuro dell’economia. I nonfarm payrolls di febbraio hanno mostrato un incremento di 151.000 unità e una revisione al ribasso del mese precedente. Se da una parte la crescita dei posti di lavoro sembra essersi stabilizzata, dall’altra il tasso di disoccupazione ha toccato il 4,1%. I mercati navigano in acque particolarmente agitate. Cerchiamo di farci trovare pronti a gestire ulteriori turbolenze nei prossimi giorni. Gli Stati Uniti hanno importato beni per 2.900 miliardi di dollari nel 2024. Più del 40% di queste importazioni arriva da Messico, Cina e Canada. Trump ha spesso criticato i suoi principali partner commerciali perché gli USA comprano da loro molto più di quanto vendono (quindi c'è quel famoso “deficit commerciale”). I dazi, in teoria, dovrebbero aiutare a ridurre questo gap, aumentando i prezzi dei prodotti stranieri e spingendo gli americani a scegliere alternative domestiche. Anche solo la minaccia dei dazi può indurre le aziende a spostare la produzione altrove, anche se non necessariamente negli Stati Uniti. In passato, la Cina era il principale fornitore per gli USA, ma dopo l’introduzione dei dazi durante il primo mandato di Trump, molte aziende hanno cominciato a trasferire le proprie operazioni in Messico, al punto che nel 2023 il Messico ha superato la Cina in termini di esportazioni verso gli Stati Uniti. Va però ricordato che i dazi tendono a far lievitare i prezzi per i consumatori, dato che le aziende trasferiscono il costo aggiuntivo a chi acquista. Alcuni studi hanno addirittura concluso che i costi della guerra commerciale del 2018 sono stati completamente “scaricati” sugli importatori e sui consumatori americani, con conseguenze anche in termini di perdita di posti di lavoro e prezzi più alti. I settori più colpiti saranno macchinari, elettronica e automobili, cioè le categorie di importazione più grosse per gli USA. Canada, Cina e Messico sono i principali fornitori degli Stati Uniti in questi settori. Trump ha ipotizzato di usare i proventi dei dazi per abbassare o addirittura eliminare le tasse sul reddito delle persone. Sarebbe un bel sollievo per i consumatori americani, specialmente in un periodo in cui i tassi di interesse sono alti e l’inflazione è sopra il target. È importante notare che le tasse sul reddito sono la principale fonte di entrate del governo, mentre i dazi rappresentano solo una piccola fetta delle entrate nazionali. Quindi, non è ancora chiaro se (e come) questo progetto andrà davvero in porto. Le imposte sul reddito delle persone fisiche rappresentano la quota maggiore dei 4.900 miliardi di dollari raccolti nel 2024. In poche parole, i dazi di Trump puntano a ridurre il deficit commerciale e a dare una spinta alla produzione interna, ma rischiano di far salire i prezzi per i consumatori e di stravolgere i rapporti con i principali partner commerciali degli USA. L’incertezza che circonda i dazi non giova affatto ai mercati. Giovedì la notizia che gli USA hanno revocato i dazi del 25% imposti a Messico e Canada soltanto tre giorni dopo averli applicati ha amplificato l’incertezza e la volatilità anziché calmare i mercati. Quando le aziende capiscono che potrebbero essere colpite da nuove tariffe su beni che desiderano acquistare, tendono ad anticipare gli acquisti e a fare scorte di prodotti non tassati. Questo comportamento è stato prevedibile e spiega, almeno in parte, perché l’ultimo deficit commerciale statunitense ha raggiunto livelli record. Man mano che aumentano le proposte di nuove tariffe, cresce anche la pressione sul governo perché cambi rotta. L’idea attuale è quella di introdurre un sistema di tariffe reciproche, secondo cui, se gli USA applicano un dazio su un prodotto importato, il paese partner dovrebbe rispondere applicando un dazio simile sui prodotti statunitensi. Tuttavia, studi recenti suggeriscono che i vantaggi economici di questa misura sarebbero molto inferiori a quanto inizialmente immaginato. Una ricerca di UBS ha analizzato il commercio tra gli USA e 30 dei loro principali partner, considerando 96 categorie di prodotti e ben 86.000 combinazioni prodotto/paese. Risultato: uniformare i dazi a quelli dei partner porterebbe, in media, a un aumento dei dazi pari a circa l’1,65%. In termini di guadagni per il governo, ciò si tradurrebbe in entrate aggiuntive annuali che variano tra 18 e 32 miliardi di dollari. Un aspetto paradossale di questo approccio è che, in alcuni casi, verrebbero aumentati i dazi anche su quei prodotti che gli USA non importano in quantità significative. In altre parole, il sistema potrebbe penalizzare settori in cui gli USA hanno un vantaggio competitivo, perché il principio di "vantaggio comparato" si basa sulla specializzazione e sul commercio mirato. I paesi asiatici, in particolare il Vietnam, potrebbero essere i più colpiti. Al contrario, il Messico, che già opera con accordi tariffari simili, vedrebbe cambiamenti minimi. Vietnam e Thailandia risultano particolarmente vulnerabili a un calo del PIL dovuto alle azioni tariffarie statunitensi, mentre Singapore e Australia mostrano rischi minori. Il mercato chiede chiarezza: o si eliminano le tariffe oppure si definiscono regole trasparenti per il loro impiego. Non si sa ancora se l’amministrazione Trump sarà in grado di soddisfare questa esigenza. Una svendita generalizzata di obbligazioni ha avuto inizio in Germania, paese che guida l’iniziativa di riarmo dell’Europa. Il paese sbloccherà centinaia di miliardi di euro per la difesa e per un massiccio piano di investimenti infrastrutturali da 500 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Prima di farci prendere dal panico, cerchiamo di capire cosa non rappresenta questo crollo obbligazionario: non si tratta della paura che uno o più paesi europei possano cadere in crisi finanziaria. Stiamo assistendo a una vera e propria ricalibrazione del mercato per far spazio a spese inaspettate. Con l’aumento dell’indebitamento, il mercato obbligazionario adegua i rendimenti per riflettere il nuovo livello di spesa. Gli investitori non fuggono verso il debito considerato più sicuro (i Bund tedeschi) perché i paesi periferici non stanno mostrando segni di instabilità. Bruxelles ha voluto assicurarsi che anche loro possano contribuire alla sicurezza regionale. Questo equilibrio è confermato anche dal rialzo dell’euro, che guadagna più del 3% contro il dollaro quest’anno. Non c’è nessuna crisi esistenziale che impedisca alle economie europee più deboli di pagare i propri debiti o di prendere in prestito lungo tutta la curva dei rendimenti. Ma non è tutto rose e fiori nel giardino dell’Europa. Due “erbacce” si fanno ancora notare: Francia e Italia. Nel caso della Francia si prevede che il deficit in rapporto al PIL rimanga superiore al 6%, ben al di sopra delle raccomandazioni europee. Le elezioni a sorpresa indette da Macron hanno generato un certo caos, che ha portato gli investitori esteri (in particolare quelli giapponesi) a ridurre le proprie partecipazioni nel debito francese. Per quanto riguarda l'Italia, invece, la gestione del deficit appare più oculata, anche se il problema non è del tutto risolto. L’Italia è un grande emittente di debito nell’area euro (con quasi 300 miliardi di euro di emissioni annuali). Anche se finora i rendimenti dei titoli decennali sono rimasti sotto il 4%, è fondamentale che il paese continui a gestire attentamente l’equilibrio tra spesa e crescita per non compromettere la sostenibilità del proprio debito. Il differenziale dei rendimenti dei bond italiani rispetto a quelli tedeschi si è ristretto a circa 110 punti base. L’agenda macroeconomica che va dal 10 al 14 marzo 2025 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori saranno i dati dell’inflazione degli USA, ma non solo. Per gli Stati Uniti si attendono anche le aspettative di inflazione dei consumatori elaborate dalla Fed di New York, il rapporto sull’ottimismo delle piccole imprese (NFIB), i nuovi lavori JOLTS, i dati comunicati dall’EIA sulle scorte e la produzione di greggio, i prezzi alla produzione, le nuove richieste di sussidi di disoccupazione e la fiducia dei consumatori elaborata dall’Università del Michigan. Guardando al Vecchio Continente, per l’Eurozona si attendono la fiducia degli investitori Sentix e la produzione industriale. Per quanto riguarda i singoli Paesi del blocco europeo, per la Germania verranno rilasciati i dati della produzione industriale, della bilancia commerciale e dell’inflazione. Per l’Italia invece gli investitori monitoreranno i prezzi alla produzione e la produzione industriale. Per la Francia e la Spagna verranno rilasciati le letture dell’inflazione. Per quanto riguarda il Regno Unito gli operatori attenderanno il PIL, la produzione industriale e la bilancia commerciale. Passando al continente asiatico, per il Giappone focus sul PIL del quarto trimestre del 2024 e sui prezzi alla produzione. Segnaliamo infine che l’OPEC pubblicherà il suo report mensile.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,15%, China A50 +0,20%, Hang Seng -0,47%, il Nikkei chiuso -2,20%, l’Australia -1,81%, Taiwan -0,61%, la Corea del Sud Kospi -0,45%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a +0,21%. Il nostro FTSEMib -0,48%, Dax chiuso -1,75%, Ftse100 -0,03%, Cac40 -0,94%, Zurigo +0,49%. Lo S&P500 +0,55%, il Nasdaq +0,70%, il Russell2000 +0,43%. L’oro ha chiuso a 2.919,00 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 67,03$ per il wti e 70,43$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 39,971. Lo spread BTP/BUND 106,750. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 23,37%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere misti. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,42%, China A50 -0,86%, Hang Seng -1,73%, il Nikkei chiuso +0,45%, l’Australia +0,18%, Taiwan -0,52%, la Corea del Sud Kospi +0,26%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a +0,31%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura negativa così come gli Stati Uniti. L’oro si attesta a 2.919,47 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 66,68$ per il greggio e 70,05$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 82.175 e l’Ethereum 2.061.

 

Buona giornata e buona settimana.



Comments


Mi trovi anche su:
  • Facebook
Tutti i diritti riservati © 2023 Federico Caligiuri
Email: segreteriacaligiuri@gmail.com  P.IVA - 02053160590

Il contenuto di questo sito è solo a scopo informativo, non devi interpretare tali informazioni o altro materiale come consigli legali, fiscali, di investimento, finanziari o di altro tipo. Nulla di quanto contenuto nel nostro sito costituisce una sollecitazione, una raccomandazione, un'approvazione o un'offerta da parte di Federico Caligiuri per acquistare o vendere titoli o altri strumenti finanziari in questa o in qualsiasi altra giurisdizione in cui tale sollecitazione o offerta sarebbe illegale ai sensi delle leggi sui titoli di tale giurisdizione. Tutti i contenuti di questo sito sono informazioni di natura generale e non riguardano le circostanze di un particolare individuo o entità. Nulla di quanto contenuto nel sito costituisce una consulenza professionale e/o finanziaria, né alcuna informazione sul sito costituisce una dichiarazione esaustiva o completa delle questioni discusse o della legge ad esse relativa. Federico Caligiuri non è un fiduciario in virtù dell'uso o dell'accesso al Sito o al Contenuto da parte di qualsiasi persona. Solo tu ti assumi la responsabilità di valutare i meriti e i rischi associati all'uso di qualsiasi informazione o altro Contenuto del Sito prima di prendere qualsiasi decisione basata su tali informazioni o altri Contenuti. In cambio dell'utilizzo del Sito, accetti di non ritenere Federico Caligiuri, i suoi affiliati o qualsiasi terzo fornitore di servizi responsabile di eventuali richieste di risarcimento danni derivanti da qualsiasi decisione presa sulla base di informazioni o altri Contenuti messi a tua disposizione attraverso il Sito.

RISCHI DI INVESTIMENTO

Ci sono rischi associati all'investimento in titoli. Investire in azioni, obbligazioni, exchange traded funds, fondi comuni e ogni altro strumento finanziario comporta il rischio di perdita.  La perdita del capitale è possibile. Alcuni investimenti ad alto rischio possono utilizzare la leva finanziaria, che accentuerà i guadagni e le perdite. Gli investimenti esteri comportano rischi speciali, tra cui una maggiore volatilità e rischi politici, economici e valutari e differenze nei metodi contabili.  La performance passata di un titolo o di un'azienda non è una garanzia o una previsione della performance futura dell'investimento. La totalità dei contenuti presenti nel sito internet è tutelata dal diritto d’autore. Senza previo consenso scritto da parte nostra non è pertanto consentito riprodurre (anche parzialmente), trasmettere (né per via elettronica né in altro modo), modificare, stabilire link o utilizzare il sito internet per qualsivoglia finalità pubblica o commerciale. Qualsiasi controversia riguardante l’utilizzo del sito internet è soggetta al diritto italiano, che disciplina in maniera esclusiva l’interpretazione, l’applicazione e gli effetti di tutte le condizioni sopra elencate. Il foro di Roma è esclusivamente competente in merito a qualsiasi disputa o contestazione che dovesse sorgere in merito al presente sito internet e al suo utilizzo. Accedendo e continuando nella lettura dei contenuti di questo sito Web dichiari di aver letto, compreso e accettato le sopracitate informazioni legali.

bottom of page