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Pillole di Mercato

(51° settimana - anno 2024)

Citazione del giorno:

Aristotele: "La ricchezza ha valore in quanto utile, cioè quando è funzione di qualcos’altro"

 

Non ci si annoia mai sui mercati! Le azioni tecnologiche continuano a dettare legge. Il Nasdaq ha chiuso la sua quarta settimana consecutiva in positivo grazie all’esplosione al rialzo di Broadcom. La superstar dei chip ha visto le sue azioni schizzare del 24% dopo aver previsto una domanda record legata all’intelligenza artificiale. Il suo valore di mercato supera ora i 1.000 miliardi di dollari. Mentre l’indice tecnologico brillava, gli altri indici principali degli Stati Uniti hanno zoppicato: l’S&P 500 ha perso lo 0,7% e il Dow Jones ha lasciato sul terreno un pesante 1,8%. Per le obbligazioni è stata una settimana ancora più tosta. I Treasury americani hanno registrato la loro peggior performance degli ultimi due mesi. Gli investitori si aspettano che la Fed mantenga un atteggiamento “aggressivo” anche mentre riduce i tassi, il che significa che potremmo non vedere tanti tagli come sperato. Le aspettative si sono ridimensionate sulla scia di un’inflazione all'ingrosso in accelerazione e di richieste di sussidi di disoccupazione più alte del previsto. Il dollaro si è rafforzato per la seconda settimana consecutiva, spinto dall’idea che i tagli della Fed saranno più moderati rispetto a quelli della Banca Centrale Europea. L’euro ha ridotto la sua perdita settimanale dopo il quarto taglio dei tassi del 2024. La sterlina, invece, è andata giù dopo che l’economia britannica ha registrato una contrazione inaspettata. In Asia, i mercati hanno sofferto un po’. La Cina continua a lanciare promesse di stimoli, ma le parole non bastano: gli investitori hanno bisogno di numeri concreti. Il petrolio WTI ha guadagnato un bel 6%, superando i 71 dollari al barile, grazie a prospettive di sanzioni statunitensi più dure contro Iran e Russia. Bitcoin ha raggiunto i 101.548 dollari venerdì. Da quando Trump ha vinto le elezioni a novembre, la criptovaluta più famosa del mondo ha guadagnato circa il 50%. L’oro ha chiuso leggermente in calo, stabilizzandosi vicino ai 2.660 dollari l’oncia. A Wall Street si respira un’aria elettrizzante. I record delle azioni statunitensi continuano a dominare i titoli dei media finanziari, ma sotto la facciata luccicante dei massimi storici si nasconde un mercato che appare sempre più sbilanciato. Pochi titoli trainano il carro, mentre il resto del mercato fatica a tenere il passo. Guardiamo subito i numeri. L’S&P 500 ha appena registrato nove giorni consecutivi in cui più titoli sono scesi rispetto a quelli che sono saliti. Ti sembra insolito? Lo è. Non accadeva dal 2004 ed è una rarità che si è verificata meno di 20 volte negli ultimi 70 anni. Per un indice che si pavoneggia vicino ai massimi storici, potrebbe essere un campanello d’allarme. Quando in passato si sono verificati casi simili, l’indice è sceso in media del 12%. L’indice S&P 500 Equal-Weight, che assegna lo stesso peso a ogni titolo, è in calo da giorni e segna la serie di sconfitte più lunga dal 2018. Meno della metà dei titoli dell’S&P 500 si trova sopra la sua media mobile a 50 giorni e solo il 25% supera quella a 10 giorni. Quando l’intero indice dipende principalmente dalla forza di pochi titoli, il sistema diventa inevitabilmente più vulnerabile. Il mercato però non è fatto solo di numeri e grafici, ma anche di psicologia. Quando sempre meno titoli partecipano a un rally, significa che gli investitori stanno diventando più selettivi. È come se percepissero che qualcosa non va e stessero aspettando il momento giusto per fare marcia indietro. Gli analisti lo chiamano “deterioramento del market breadth”, un termine elegante per indicare che il mercato sta perdendo forza. Allargando lo sguardo e considerando metriche come il rapporto Shiller PE - uno strumento molto utilizzato per valutare se il mercato è sopravvalutato o sottovalutato - emerge una storia ancora più "oscura". Il valore dello Shiller PE ha raggiunto livelli raramente visti nella storia, superando quota 38. Valutazioni così elevate spesso precedono rendimenti futuri deludenti. L'S&P 500 ha perso il 65% del suo valore nei 10 anni successivi al picco del 1929, mentre il crollo della bolla dotcom ha portato a un calo del 22%. Ciò non significa necessariamente che il mercato crollerà domani, ma lascia intendere che i rendimenti per i prossimi 10 anni potrebbero essere molto diversi da quelli degli ultimi 10. I record sono indubbiamente belli da vedere, ma c’è sempre un lato nascosto in ogni storia. Il vento è cambiato in Europa. Ora che l’inflazione non spaventa più e l’economia è debole, i policy maker della BCE sanno cosa devono fare. La loro ultima decisione è stata di tagliare i tassi di 25 punti base. Anche se qualcuno all’interno del Consiglio Direttivo avrebbe preferito un taglio più significativo, l’accordo è stato di adottare un approccio più graduale per non agitare i mercati. Il 3% a cui si trovano attualmente i tassi è ancora un livello elevato rispetto all’era dei tassi negativi, ma i mercati già scommettono che la BCE non si fermerà qui. Per l’anno prossimo, gli investitori prevedono ulteriori tagli fino ad arrivare al 2%. C’è chi spera in un super-taglio già a gennaio, anche se Lagarde ha chiarito: “Non se ne parla davvero”. I tagli ai tassi della BCE potrebbero superare i 120 punti base entro il 2025. Ma perché continuare a tagliare? Semplice: l'inflazione è quasi sotto controllo, o almeno così sostengono a Francoforte. Ora il problema principale è la crescita. Il PIL avanza a fatica e i motori economici europei (Germania e Francia) stanno attraversando momenti difficili. Non aiuta il fatto che in America ci si prepari a un possibile nuovo giro di tariffe punitive sotto la presidenza Trump. La BCE sta chiaramente cercando di dare ossigeno all'economia, ma con una crescita che potrebbe scendere sotto l'1% e un’incertezza politica che incombe sia dentro che fuori l'Europa, il rischio è che gli interventi si rivelino troppo lenti per compensare i danni. Non ci resta che aspettare e vedere se i prossimi tagli saranno sufficienti per rimettere in moto l'economia europea senza rischiare di compromettere la stabilità. La BCE sta tentando di aggiustare il tiro, ma non può raddrizzare un arco storto con un semplice gesto. Cosa cambia nel frattempo per noi comuni mortali dopo il taglio della BCE? Partiamo dai mutui. Chi ha un tasso variabile potrebbe vedere una leggera riduzione delle rate. Per chi intende acquistare una casa, oggi i tassi fissi (TAN) più convenienti si attestano intorno al 2,5%, mentre i variabili si aggirano sul 3,7%. Anche i prestiti per l'auto o per altre necessità potrebbero diventare un po' più accessibili, ma i livelli di convenienza pre-pandemia sono ancora lontani. Entrando nel 2025, l’oro porta sulle spalle il peso di un’annata straordinaria. Il 2024 si sta per chiudere con una delle performance migliori negli ultimi dieci anni. Le banche centrali e gli investitori hanno sostenuto la domanda, compensando il calo dei consumi da parte dei privati. I tassi d’interesse in calo hanno fatto il resto. Riuscirà l’oro a mantenere il suo ruolo di protagonista anche nei prossimi mesi? Vediamo tutte le considerazioni da fare. Il secondo mandato di Trump promette politiche pro-business che potrebbero stimolare l’economia interna e rafforzare la fiducia (e quindi diminuire la domanda di beni rifugio come l’oro). E’ anche vero che lo stesso “America-first” potrebbe generare nuove tensioni commerciali e maggiore incertezza. Allo stesso tempo, la Fed cercherà di orchestrare un “soft landing” dell’economia. Le previsioni parlano di un taglio di 75 punti base nei tassi d’interesse entro la fine del 2025, mentre l’inflazione dovrebbe rientrare pur rimanendo leggermente sopra il target. Storicamente, l’oro tende a guadagnare nei primi sei mesi di un ciclo di taglio dei tassi. Molto dipenderà dalla durata e dall’intensità di queste politiche. Se la Fed dovesse sorprendere con un cambio di rotta improvviso, il metallo prezioso potrebbe risentirne negativamente, mentre un allentamento più deciso delle politiche monetarie sarebbe accolto con favore. Il 2025 sarà probabilmente caratterizzato da una crescita globale positiva ma al di sotto del trend storico. Le tensioni geopolitiche potrebbero continuare a sostenere la domanda di oro. Ma il destino del metallo prezioso dipenderà anche dall'andamento del dollaro e dall’interesse degli investitori asiatici. L’Asia, infatti, rappresenta oltre il 60% della domanda globale annuale (banche centrali escluse). L’agenda macroeconomica che va dal 16 al 20 dicembre 2024 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori saranno le riunioni di politica monetaria della Federal Reserve, della Banca centrale cinese e di quella giapponese, ed i dati sull’inflazione di Stati Uniti ed Eurozona, ma non solo. Per gli USA si attendono anche l'indice manifatturiero Empire State di New York, le vendite al dettaglio, la produzione industriale, l'indice NAHB (misura l'andamento del mercato immobiliare), i permessi di costruzione e i nuovi cantieri edili residenziali, le scorte e la produzione di greggio, il PIL del 3° trimestre, le nuove richieste di sussidi di disoccupazione, le vendite di abitazioni esistenti, il Leading Index, gli indici manifatturiero e composito della Fed di Kansas City, il reddito e la spesa personale e la fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan. Per l'Eurozona sono in arrivo gli indici ZEW (fiducia delle aziende), la bilancia commerciale, i salari relativi al terzo trimestre e la fiducia dei consumatori.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -1,80%, China A50 ha chiuso a -2,01%, Hang Seng -1,83%, il Nikkei +0,07%, l’Australia -0,47%, Taiwan -0,11%, la Corea del Sud Kospi +0,40%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a -0,66%. Il nostro FTSEMib +0,09%, Dax chiuso -0,10%, Ftse100 -0,14%, Cac40 -0,15%, Zurigo -0,18%. Lo S&P500 -0,00%, il Nasdaq +0,12%, il Russell2000 -0,60%. L’oro ha chiuso a 2.666,66 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 71,20$ per il wti e 74,41$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 41,215. Lo spread BTP/BUND 113,600. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 13,81%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,23%, China A50 ha chiuso a -0,00%, Hang Seng -0,93%, il Nikkei -0,16%, l’Australia -0,56%, Taiwan +0,08%, la Corea del Sud Kospi -0,33%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a -0,51%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura intorno alla parità mentre l’America è positiva. L’oro si attesta a 2.670,69 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 70,40$ per il greggio e 74,13$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 105.146 e l’Ethereum 3.972.

 

Buona giornata e buona settimana.




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