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Pillole di Mercato

(50° settimana - anno 2024)

Citazione del giorno:

Pensiero Motivazionale: "Alcuni ti amano per come sei; altri non ti sopportano per la stessa ragione. Tu procedi"

 

I mercati azionari statunitensi stanno vivendo un momento d’oro. Dopo la pubblicazione di dati sul lavoro né troppo positivi né troppo negativi, le probabilità di un taglio dei tassi da parte della Fed a dicembre sono schizzate all’80%. L'S&P 500 ha raggiunto nuovi record e ora punta a una crescita annua vicina al 30%. Perché questa euforia? Il report sul lavoro mostra un mercato in salute, con le assunzioni in ripresa ma un tasso di disoccupazione in leggero aumento. L'economia, quindi, sta rallentando senza crollare, e questo potrebbe convincere la Fed a tagliare i tassi di interesse a dicembre. Ma attenzione: serve ancora il via libera dai dati sull’inflazione, attesi per questa settimana, prima di considerare il taglio una certezza. A meno che i dati sull’inflazione non mostrino un calo significativo, dopo il taglio di dicembre la Fed potrebbe prendersi una pausa a gennaio. Il sentiment dei consumatori americani è al massimo da aprile e, con l’inflazione relativamente sotto controllo, il contesto rimane favorevole per continuare a tagliare i tassi. Questo potrebbe sostenere l’attuale rally delle Borse fino alla fine dell’anno e oltre. Dopo il report, i rendimenti dei Treasury a 10 anni sono scesi al 4,15%, mentre il dollaro ha guadagnato terreno. Sia l’oro che il petrolio hanno chiuso in rosso. Bitcoin ha dato spettacolo questa settimana, toccando per la prima volta il livello dei $100.000, per poi stabilizzarsi intorno ai $99.500. Bitcoin ha finalmente sfondato il muro psicologico dei $100.000. Anche se giovedì ha perso un po' di slancio, gli analisti restano fiduciosi: siamo solo all'inizio. Ma cosa ha portato Bitcoin a toccare questo traguardo storico? Vediamo subito gli ultimi sviluppi! Putin: “Bitcoin? Nessuno può vietarlo". Mercoledì, al forum Russia Calling a Mosca, Vladimir Putin ha messo in discussione l’utilità delle riserve valutarie in dollari: “Perché accumulare riserve che possono essere facilmente confiscate?”, ha chiesto Putin. Poi, la dichiarazione bomba: “Bitcoin è un esempio di alternativa. Chi può vietarlo? Nessuno.” Il presidente russo ha anche elogiato le nuove tecnologie di pagamento, definendole più affidabili e meno costose rispetto ai sistemi tradizionali. Donald Trump ha scelto Paul Atkins per succedere a Gary Gensler come presidente della Securities and Exchange Commission (SEC). Atkins, noto sostenitore delle crypto, promette un approccio più indulgente nei confronti delle aziende del settore rispetto al rigido enforcement di Gensler. Sotto la guida di Atkins, si prevede una riduzione delle sanzioni regolatorie e un focus sullo sviluppo dei mercati finanziari. Il presidente della Federal Reserve ha fatto un’osservazione sorprendente mercoledì: “Bitcoin è un concorrente dell’oro fisico, non del dollaro”. Questa dichiarazione rafforza la visione di Bitcoin come riserva di valore digitale. I suoi vantaggi rispetto all’oro tradizionale - trasferibilità, finitezza e incensurabilità - lo stanno rendendo sempre più attraente per investitori istituzionali e retail. Secondo gli analisti di Bernstein, Bitcoin potrebbe sostituire l’oro come principale asset rifugio entro il prossimo decennio. Con una fornitura massima di soli 21 milioni di Bitcoin, la dinamica tra domanda e offerta gioca a favore della criptovaluta. Gli ETF legati a Bitcoin stanno vivendo un anno record, con afflussi netti di $32 miliardi solo nel 2024, di cui oltre $8 miliardi dall’elezione di Trump. Questo interesse istituzionale è stato accompagnato da volumi record: il trading di asset digitali e derivati ha superato i $10.000 miliardi lo scorso mese. Nonostante l’entusiasmo generale, il mercato ha registrato un movimento significativo da parte di Mt. Gox, l’exchange fallito nel 2014. Giovedì, la piattaforma ha trasferito $2,4 miliardi in Bitcoin verso un portafoglio non identificato. Si teme una possibile vendita massiva da parte dei creditori. Il trading spot di criptovalute ha raggiunto $2.700 miliardi a novembre Un asset non può salire sempre in linea retta. Le correzioni sono normali, ma servirà un evento davvero importante per rallentare Bitcoin in questo momento. Nonostante un anno di previsioni catastrofiche, il dollaro ha dimostrato di essere il re indiscusso delle valute globali. L’economia statunitense, che molti analisti davano per spacciata, ha sfidato ogni aspettativa e il biglietto verde si appresta a chiudere il 2024 con un guadagno superiore al 4,3%, consolidandosi come la valuta più performante tra i paesi del G-10. Gli analisti di Bank of America e Goldman Sachs, che inizialmente prevedevano un indebolimento del dollaro nella seconda metà dell’anno, hanno dovuto rivedere le loro posizioni. La forza del dollaro si spiega con la crescita solida dell’economia USA e un aumento dei flussi di capitale verso il paese. Le aspettative legate alle politiche commerciali e fiscali sono state decisive. Le tariffe sulle importazioni hanno contribuito a rafforzare il dollaro. Queste dinamiche potrebbero continuare a sostenere la valuta, ma le incertezze legate all’implementazione delle tariffe e ai futuri interventi di politica fiscale potrebbero cambiare le carte in tavola. Bank of America sottolinea che il dollaro potrebbe già aver scontato molte delle aspettative per i prossimi anni. Anche la politica monetaria gioca un ruolo chiave. Le previsioni indicano una possibile riduzione dei tassi di interesse da parte della Fed, un fattore che in teoria dovrebbe indebolire il dollaro. Tuttavia, il biglietto verde potrebbe mantenere la sua forza grazie a fattori strutturali. Per ora, il dollaro si conferma il re delle valute globali, ma il futuro non è scolpito nella pietra. L'organizzazione che riunisce i maggiori produttori di petrolio al mondo (OPEC+) sta lottando da mesi per mantenere i prezzi alti tagliando la produzione. Ma questa strategia, pensata per rafforzare il gruppo, sta finendo per danneggiarlo. Il cartello ha incoraggiato involontariamente una crescita esponenziale della produzione da parte dei suoi rivali, soprattutto gli Stati Uniti. La logica della strategia dell’OPEC+ è semplice: ridurre l’offerta per sostenere i prezzi. Ma i prezzi del petrolio relativamente elevati hanno spinto altri produttori a investire e aumentare la propria produzione. Lo shale oil, grazie a tecnologie sempre più efficienti, continua a crescere. Oggi con appena 300 trivelle, gli americani riescono a produrre la stessa quantità di petrolio che alcuni anni fa ne richiedeva 500. E con costi di produzione sempre più bassi, lo shale oil rappresenta una sfida enorme per l’OPEC+. Nonostante il Brent sia rimasto intorno agli 80 dollari al barile quest’anno, il prezzo non è ancora abbastanza basso da mettere fuori gioco i produttori americani. Nel frattempo, i tagli stanno mettendo a dura prova i membri più piccoli del cartello. L'Angola ha già abbandonato l’OPEC+. Gabon e Congo potrebbero presto seguirla. Il cartello si trova così a perdere coesione proprio quando ne avrebbe più bisogno. L’OPEC ha recentemente deciso di posticipare per l’ennesima volta gli aumenti di produzione. Previsti inizialmente per settembre 2024, sono stati rimandati a gennaio e ora ad aprile 2025. Il problema più grande è che si prevede un surplus di petrolio nel 2025. La domanda è debole, specialmente dalla Cina, che sta affrontando un rallentamento economico significativo. Di fronte a questo scenario, l’OPEC+ è divisa: continuare a tagliare la produzione per sostenere i prezzi o aumentare l’offerta per non perdere quote di mercato? L’Arabia Saudita, in particolare, sta esercitando forti pressioni su membri come Iraq e Kazakistan per rispettare i limiti di produzione, ma finora senza successo. Intanto, Riyadh sta valutando nuove riduzioni della produzione, ma molti membri si oppongono, stanchi di sacrificare le proprie entrate per una strategia che sembra non funzionare più. L’OPEC+ sta affrontando una crisi di identità e di leadership. Le decisioni prese nei prossimi mesi saranno cruciali per il suo futuro. Una cosa è certa: il cartello non può più permettersi di ignorare la realtà. La strategia che un tempo lo ha reso forte, oggi potrebbe essere il suo tallone d’Achille. L’agenda macroeconomica che va dal 9 al 13 dicembre 2024 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori saranno la riunione di politica monetaria della BCE, la conferenza stampa della presidente Christine Lagarde e i dati sull’inflazione USA, ma non solo. Per l'Eurozona si attendono anche la fiducia degli investitori Sentix e la produzione industriale. Guardando ai singoli Paesi del blocco europeo, per la Germania si attendono l'inflazione e la bilancia commerciale. Per l’Italia è in agenda la produzione industriale. Nel caso di Francia e Spagna, focus sui dati che misurano l'andamento dell’inflazione. Dal Regno Unito giungeranno il PIL, la bilancia commerciale e la produzione industriale. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, riflettori puntati sulle vendite all’ingrosso, sulle aspettative di inflazione dei consumatori elaborate dalla Fed di New York, sull'inflazione, sul report NFIB (rapporto sulla fiducia delle piccole e medie imprese), sui prezzi alla produzione e sulle nuove richieste di sussidi di disoccupazione. PIL del terzo trimestre, prezzi alla produzione, indici Tankan del quarto trimestre e produzione industriale nel caso del Giappone mentre dalla Cina arriveranno gli aggiornamenti sull'inflazione e la bilancia commerciale.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso negativi ad eccezione della Cina. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +1,15%, China A50 ha chiuso a +1,50%, Hang Seng +1,82%, il Nikkei -0,80%, l’Australia -0,64%, Taiwan -0,32%, la Corea del Sud Kospi -0,57%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a -0,03%. Il nostro FTSEMib +0,36%, Dax chiuso +0,13%, Ftse100 -0,49%, Cac40 +1,31%, Zurigo -0,09%. Lo S&P500 +0,25%, il Nasdaq +0,81%, il Russell2000 +0,54%. L’oro ha chiuso a 2.659,60 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 67,20$ per il wti e 71,12$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas (TTF) quotato sul mercato di Amsterdam è di € 46,480. Lo spread BTP/BUND 108,605. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 12,77%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli entro cui vi è tranquillità nei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere piuttosto deboli. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,25%, China A50 ha chiuso a -0,20%, Hang Seng -0,67%, il Nikkei +0,16%, l’Australia +0,02%, Taiwan +0,34%, la Corea del Sud Kospi -2,70%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso a +0,04%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura debole così come l’America. L’oro si attesta a 2.663,01 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 67,58$ per il greggio e 71,52$ per il brent. Infine, il Bitcoin quota 99.305 e l’Ethereum 3.929.

 

Buona giornata e buona settimana.




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