(9° settimana - anno 2023)
Citazione del giorno:
Shahir Zag: “Una tigre non perde il sonno pensando all’opinione di una pecora.”
Settimana sostanzialmente negativa per tutti i più importanti indici azionari. Male anche le obbligazioni che hanno visto crescere i rendimenti sia in Europa che negli Stati Uniti. É passato esattamente un anno dall'inizio della guerra e andando a vedere come si sono mossi gli indici negli ultimi 12 mesi scopriamo già alcune sorprese. L'Europa ha nettamente sovraperformato gli Stati Uniti, malgrado abbia il conflitto in casa. Non lo scopriamo certo oggi, ma questa è l'ennesima riprova che i mercati sono controintuitivi e difficilmente si muovono seguendo le logiche più attese. Quindi quando tutto sembra perduto è forse il miglior momento per acquistare. Nel dettaglio, una settimana di dati più caldi del previsto ha riportato le aspettative di inflazione ai massimi del ciclo. Anche le aspettative sul tasso terminale si trovano vicine ai massimi del ciclo, mentre quelle per eventuali tagli imminenti dei tassi sono svanite. Durante il mese di gennaio sono aumentate le prove che l'inflazione stesse effettivamente diminuendo, aprendo la strada per un atterraggio morbido dell'economia. Ma due rapporti nelle settimane successive hanno messo in discussione quella narrativa. La lettura del PCE superiore alle attese sembra confermare ciò che abbiamo visto nel rapporto PPI della scorsa settimana, ovvero che i prezzi continuano a salire e che il tasso di aumento potrebbe non diminuire così rapidamente come previsto. L'indice dei prezzi della spesa per consumi personali è aumentato del 5,4% rispetto all'anno precedente e la metrica core è aumentata del 4,7%, entrambi segnando riprese dopo diversi mesi di calo. Tutti gli indici statunitensi hanno chiuso in rosso. Il Dow Jones ha avuto la settimana peggiore da settembre. La flessione dell'S&P 500 di venerdì ha esteso il suo calo settimanale (il peggiore del 2023). Il Nasdaq è sceso di quasi il 2%. Questa settimana i rendimenti dei Treasury sono stati più alti su tutta la curva, con il segmento a breve termine che ha sottoperformato. Il rendimento a 2 anni ha raggiunto il 4,8%, il massimo dal 2007. Le probabilità di rialzo dei tassi per marzo, maggio e giugno sono tutte aumentate in modo deciso questa settimana, con marzo che ora sconta una probabilità del 20-25% di un aumento di 50 punti base. Il mercato sta scontando pienamente 75 punti base di aumenti nelle prossime 3 riunioni del FOMC. Mentre gli investitori si posizionano per il rischio che la Fed persista con mosse politiche aggressive, stanno scaricando azioni e liquidità a favore delle obbligazioni. I fondi azionari globali hanno perso 7 miliardi di dollari nella settimana fino al 22 febbraio, mentre 3,8 miliardi di dollari hanno lasciato i fondi cash-like, secondo i dati EPFR Global. Le obbligazioni hanno visto afflussi pari a $ 4,9 miliardi, registrando la serie più lunga di afflussi da novembre 2021. Il dollaro è salito questa settimana, cancellando tutte le perdite dal crollo delle buste paga di gennaio. Bitcoin ha combattuto di nuovo intorno ai 23.000 $, ma la lotta si è conclusa con il calo settimanale peggiore da novembre. L'oro è sceso per la quinta settimana consecutiva, ma è rimasto sopra i 1800 $. I prezzi del petrolio hanno chiuso la settimana invariati. L’agenda macroeconomica che va dal 27 febbraio al 3 marzo 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno gli indici S&P Global PMI (manifatturiero, servizi e composito), l’inflazione dell’Eurozona e i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria della BCE. Guardando al Vecchio Continente si attendono inoltre alcuni indicatori di fiducia e il tasso di disoccupazione. Per la Germania focus sull’inflazione di febbraio. Per gli USA gli investitori monitoreranno anche inoltre gli ordini di beni durevoli, vendite abitazioni in corso, gli indici manifatturiero della Fed di Dallas e di Richmond, bilancia commerciale, indice prezzi case, PMI Chicago, fiducia dei consumatori e l’ISM manifatturiero.
VENERDI’
I mercati asiatici hanno chiuso per lo più negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,75%, China A50 -0,19%, Hang Seng -1,51%, il Nikkei +1,21%, l’Australia +0,30%, Taiwan -0,71%, la Corea del Sud Kospi -0,63%, l’indice Indiano Sensex +0,13%. Il nostro FTSEMib +0,65%, Dax +0,49%, Ftse100 -0,29%, Cac40 +0,25%, Zurigo -0,46%. Il Nasdaq +0,72%, S&P500 +0,53%, il Russell2000 +0,74%. L’oro ha chiuso a 1.826,80 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 75,39$ per il wti 82,21$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 50,65. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 182,00. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 21,14%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,29%, China A50 +0,25%, Hang Seng -0,64%, il Nikkei -0,05%, l’Australia -1,12%, Taiwan chiusa per festività, la Corea del Sud Kospi -0,94%, l’indice Indiano Sensex -0,49%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura debole così come l’America. L’oro si attesta a 1.815,65 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 75,88$ per il greggio e 82,28$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 23.405 e l’Ethereum 1.634.
Buona giornata e buona settimana.
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