(8° settimana - anno 2023)
Citazione del giorno:
Halford Luccock: “Nessuno può fischiettare una sinfonia. Ci vuole un’intera orchestra per suonarla.”
Questa settimana ha visto l’indice di sorpresa dei dati macro salire alle stelle, schiacciando la narrativa "recessione imminente/Fed pivot". L'Economic Surprise Index, è un indice prodotto da Citigroup che misura la differenza tra le aspettative degli economisti sui dati macro e i dati ufficiali che vengono rilasciati. L'idea generale è che se la tendenza dell'indice è al rialzo implica che i dati macro ufficialmente rilasciati sono stati superiori alle stime o alle aspettative del mercato, mentre una tendenza al ribasso suggerisce il contrario, ovvero che i dati macro alla fine sono usciti peggio del previsto. Da Mester e Bullard a Williams e Barkin, tutti i portavoce della Fed sono stati hawkish: "più in alto più a lungo", "più lavoro da fare", "nessun taglio dei tassi quest'anno". Sembra che gli investitori stiano finalmente iniziando a credere a queste affermazioni. Le aspettative sugli aumenti dei tassi sono aumentate a marzo (probabilità del 12% di 50 punti base), maggio (probabilità del 95% di un aumento di 25 punti base) e giugno (probabilità del 60% di un aumento di 25 punti base). Adesso i trader vedono il tasso terminale raggiungere quasi il 5,3% a luglio. Ciò si confronta con un tasso di picco del 4,9% all'inizio del mese. Con una serie di funzionari della Fed che minacciano di accelerare gli aumenti dei tassi dopo i dati economici ancora caldi, i rendimenti dei Treasury sono esplosi di nuovo. Eppure l'S&P 500 ha chiuso la settimana in calo di appena lo 0,3% e il Nasdaq 100 ha ottenuto un guadagno dello 0,4%. Il mercato obbligazionario ha finalmente recepito il messaggio della Fed, mentre gli investitori azionari continuano a ignorarlo, per la maggior parte. Diversi strateghi di Wall Street prevedono uno scenario noto come "no landing" nel primo semestre, con una crescita economica robusta e banche centrali ancora aggressive. A rinforzare questo scenario, sono stati i dati sull’inflazione, che continuano a inviare segnali di pressione persistente sui prezzi, e il rapporto sulle vendite al dettaglio, che dimostrano come i consumatori siano rimasti resilienti. L'indice complessivo dei prezzi al consumo è salito dello 0,5% a gennaio, il massimo in tre mesi. La misura è aumentata del 6,4% rispetto all'anno precedente. Allo stesso tempo, l'indice dei prezzi alla produzione è salito dello 0,7% il mese scorso, il massimo da giugno. Mentre i prezzi alla produzione sono al di sotto del picco, la variazione mensile ha mostrato un movimento nella direzione sbagliata. Per quanto riguarda le materie prime, il petrolio ha chiuso la serie più lunga di perdite giornaliere dell'anno poiché l'aumento delle scorte statunitensi e la prospettiva di un ulteriore inasprimento da parte della Federal Reserve hanno eclissato i guadagni relativi al miglioramento della domanda cinese. L'oro è sceso per la terza settimana consecutiva, incapace di tornare sopra i 1900$. Il dollaro è stato leggermente più forte. Bitcoin è salito di oltre il 12%, raggiungendo il livello più alto da giugno 2022. Nell'ottava appena trascorsa gli indici europei continuano a fare nettamente meglio di Wall Street, e con le obbligazioni che perdono terreno, alzando così i propri rendimenti. Sempre più sorprendente Piazza Affari con il Ftse Mib che anche nell'ultima settimana si è lasciata dietro tutte le principali piazze azionarie segnando un + 1.77% nell'ultima settimana e un + 17.06% da inizio anno. Non è un mistero che gli indici europei siano pesantemente condizionati dall'andamento di Wall Street, ma ultimamente questa relazione tra le varie piazze non si è vista. O meglio, si è vista al mattino e si è persa al pomeriggio. Infatti, se al mattino gli indici europei si comportano normalmente subendo l'influenza della chiusura delle borse asiatiche, del comportamento dei futures americani e delle varie notizie di giornata, nel pomeriggio invece si verifica un comportamento che raramente ho visto sui mercati. Passata la mattina, anche quando gli indici americani sono pesantemente negativi, l'Europa, ed in particolare l'Italia, rimane pressoché invariata o al massimo cala di poco dimostrando un certo disinteresse verso ciò che succede oltreoceano. Quando invece gli indici americani riprendono a salire, l'Europa ritorna ad uniformarsi ai movimenti di Wall Street e riprende anche lei a salire con forza. A mio avviso questo ci suggerisce che l'Europa fa gola agli operatori di Wall Street, i quali favoriti dal dollaro forte e dalla possibilità di comprare aziende più a sconto rispetto a quelle americane, vedono nei listini Europei una ghiotta occasione per impiegare la liquidità. Quanto durerà questo fenomeno non è possibile dirlo, certo è che l'euro ha recuperato molto terreno e più gli indici europei crescono più le possibilità di comprare aziende a sconto diminuiscono. In ogni caso è bene tenere monitorata la situazione per vedere fino a quando l'Europa continuerà a comportarsi in modo anomalo rispetto a Wall Street. I tre dati più rilevanti della settimana, ovvero la situazione sull'inflazione Usa (con l'inflazione mese su mese in aumento) le richieste dei sussidi di disoccupazione inferiore alle attese che dimostrano un mercato del lavoro forte e quindi potenzialmente pericoloso per l'inflazione e le vendite al dettaglio, anch'esse nettamente migliori del previsto, che testimoniano di una domanda ancora forte. Tre dati su tre che sulla carta non dovrebbero piacere al mercato perchè tutti potrebbero spingere Powell a tenere premuto l'acceleratore sull'aumento dei tassi di interesse. Se il mercato azionario sta snobbando tutti questi segnali ci deve essere un motivo e, a mio avviso, il motivo più probabile è che il mercato si sia convinto che poi alla fine Powell non abbia tutta questa voglia di abbassare l'inflazione ad ogni costo, ma preferisca vedere una economia non troppo penalizzata. Staremo a vedere. L’agenda macroeconomica che va dal 20 al 24 febbraio 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria della Federal Reserve, ma non solo. Gli investitori monitoreranno inoltre il dato dell’inflazione dell’Eurozona e il PIL del quarto trimestre del 2022 per gli USA. Nella giornata di martedì verranno inoltre pubblicati gli indici S&P Global PMI (manifatturiero, servizi e composito) per Germania, Eurozona, Gran Bretagna e Stati Uniti. Segnalo che lunedì la Borsa USA sarà chiusa per festività.
VENERDI’
I mercati asiatici hanno chiuso in negativo. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,08%, China A50 -0,25%, Hang Seng -0,64%, il Nikkei -0,74%, l’Australia -0,86%, Taiwan -0,46%, la Corea del Sud Kospi -1,03%, l’indice Indiano Sensex -0,26%. Il nostro FTSEMib -0,37%, Dax -0,33%, Ftse100 -0,10%, Cac40 -0,25%, Zurigo +0,55%. Il Nasdaq -0,58%, S&P500 -0,28%, il Russell2000 +0,21%. L’oro ha chiuso a 1.851,45 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 76,33$ per il wti 83,15$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 49,07. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 17. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 20,02%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere in verde, forte la Cina. Nei singoli paesi lo Shanghai +1,94%, China A50 +1,04%, Hang Seng +1,25%, il Nikkei +0,03%, l’Australia +0,06%, Taiwan +0,46%, la Corea del Sud Kospi +0,13%, l’indice Indiano Sensex +0,06%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura positiva mentre l’America è chiusa per festività. L’oro si attesta a 1.852,75 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 77,11$ per il greggio e 83,65$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 24.533 e l’Ethereum 1.694.
Buona giornata e buona settimana.
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