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Pillole di Mercato

Aggiornamento: 26 mar

(13° settimana - anno 2024)

Citazione del giorno:

Jacinto Benavente: Insistere è testardaggine. Perseverare è determinazione.

 

C’è un po’ di incertezza sul percorso futuro dei tassi, ma i trader non hanno alcun dubbio su cosa fare in questo momento: tuffarsi in mercati di ogni tipo. Le banche centrali hanno cambiato tono e sembrano tranquille davanti alla prospettiva di un percorso più lento verso il loro obiettivo di inflazione del 2%. Alla domanda sulle condizioni finanziarie, il capo della Fed ha affermato che sono restrittive, una proposta che molti considerano dubbia dato che 13.000 miliardi di dollari sono stati aggiunti ai valori di azioni e obbligazioni da ottobre. Nello stesso periodo, l’S&P 500 è salito del 27% ed è sulla buona strada per il più grande guadagno mai registrato almeno dal 1970. Powell non è sembrato disturbato dai guadagni azionari, né tanto meno dagli ultimi dati sui prezzi al consumo. Gli operatori hanno quindi avuto il segnale “BUY”. Tutti i principali indici sono saliti in una settimana intensa che ha visto una serie di decisioni politiche e un evento ampiamente seguito ospitato da Nvidia, il simbolo della mania dell'intelligenza artificiale. Nell’arco di cinque mesi le obbligazioni societarie hanno attirato più liquidità rispetto a qualsiasi altro momento da quando la Fed ha sostenuto il mercato durante la pandemia. Nel complesso, gli ETF che replicano azioni, reddito fisso e materie prime hanno attirato 374 miliardi di dollari nello stesso periodo, il massimo in due anni. Se lo scenario dei tassi della Fed si realizzasse, le decisioni degli investitori potrebbero rivelarsi corrette. Tutti i 12 precedenti cicli di taglio dei tassi, tranne uno, hanno visto le azioni salire, con l'indice S&P 500 in rialzo in media del 15%. Lo schema favorevole vale anche per i titoli del Tesoro e le obbligazioni societarie. I rendimenti dei Treasury hanno chiuso la settimana in ribasso. La volatilità delle obbligazioni si trova ora vicina ai livelli visti l’ultima volta prima che la Fed iniziasse la sua campagna di inasprimento delle politiche nel 2022. Il dollaro è tornato ai massimi di sei settimane. Bitcoin si è ritirato dopo aver superato per la prima volta i 73.000 dollari. L'oro ha chiuso invariato, nonostante abbia raggiunto un nuovo massimo storico nel corso della settimana. Il petrolio ha chiuso leggermente in ribasso. Questa è stata anche la settimana storica per il Giappone. Per anni, il Giappone ha lottato con il mostro della deflazione. I tassi negativi e gli acquisti di asset sono state le uniche armi della Bank of Japan. Molti credevano che il paese sarebbe rimasto intrappolato in un inferno dantesco per l'eternità. Ma il paese del Sol Levante sembra ora sulla via della redenzione. Il primo aumento dei tassi di interesse della Bank of Japan in quasi 17 anni era previsto dagli osservatori, ma ha segnato comunque un cambiamento storico. La decisione non è stata presa alla leggera, né tanto meno velocemente, ma è stata il risultato diretto del risveglio dell'inflazione. I recenti accordi salariali suggeriscono che l’inflazione ha maggiori possibilità di rimanere al target del 2% rispetto al passato. Perché tutto questo dovrebbe interessare chi si trova oltre i confini del Giappone? In primis, il cambiamento politico ha il potenziale di rafforzare lo yen giapponese, influenzando direttamente le aziende globali che hanno a che fare con il Giappone. Uno yen più forte riduce la competitività delle esportazioni giapponesi, ma, allo stesso tempo, aumenta il potere d'acquisto per i consumatori e le aziende giapponesi, aumentando potenzialmente la domanda per i prodotti esteri. La percezione di un Giappone più stabile potrebbe anche attrarre investimenti in Asia, modificando le dinamiche dei flussi del capitale globale. Inoltre, con la prospettiva di rendimenti più interessanti in casa, il denaro giapponese potrebbe pensarci due volte prima di oltrepassare il confine. La decisione della BoJ di questa settimana non ha avuto l'impatto previsto: lo yen è sceso e i rendimenti obbligazionari idem. Ueda sarà cauto nell'intraprendere una campagna di aumenti dei tassi di interesse. Il mostro della deflazione rimane una minaccia in agguato, il rapporto debito pubblico/PIL del Giappone è uno dei più alti al mondo e la popolazione anziana pone sfide uniche in termini di politica monetaria, poiché limita il potenziale di crescita naturale dell'economia e influenza la dinamica del risparmio e del consumo. E nel resto del mondo? Un cambiamento sincronizzato della politica monetaria è in corso. Si prevede che otto delle 11 principali banche centrali del mondo inizieranno ad allentare la politica monetaria a partire dal secondo trimestre. Da Zurigo a Washington, l’inflazione che ha attanagliato l’economia mondiale dopo la pandemia improvvisamente non è più una minaccia. Il progresso complessivo sta diventando sempre più chiaro nei numeri globali. Secondo l’OCSE, l’inflazione nel Gruppo dei Sette è scesa al 2,9% a gennaio, il livello più basso da aprile 2021. I funzionari tirano un sospiro di sollievo e inviano segnali politici meno aggressivi. Nonostante i dati recenti, la Fed prevede tre tagli dei tassi quest’anno. Il primo arriverà “ad un certo punto”, probabilmente in estate. Con l’inflazione nel Regno Unito in netto rallentamento, i falchi della Bank of England hanno abbandonato le loro pressioni per un ulteriore rialzo. In Europa, Christine Lagarde ha fatto eco al suo recente segnale di una prima mossa della BCE a giugno. Niente di così sorprendente in realtà tranne che dalla Banca nazionale svizzera: venerdì ha tagliato i tassi di un quarto di punto, anticipando tutte le sue colleghe. Ora, la domanda che tutti si pongono non è se i tassi di interesse diminuiranno, ma piuttosto quanto in basso scenderanno. Molti credono che nel lungo termine i tassi si stabilizzeranno a dei livelli ben superiori all’era pre-pandemica. Il presidente della Fed suggerisce che, sebbene lui e i suoi colleghi abbiano aumentato le loro stime per il tasso di riferimento a lungo termine, ciò non preannuncia necessariamente un'era di tassi di interesse costantemente più alti. Se te lo stai chiedendo, Powell non prevede neanche un ritorno a tassi molto bassi, come ha dichiarato in conferenza stampa dopo la decisione di mercoledì. Le stime dei tassi a lungo termine dei policymaker sono scese costantemente negli anni precedenti la pandemia, in un periodo prolungato di inflazione persistentemente debole. Ma gradualmente, le opinioni sono cambiate. Sette politici della Fed ora stimano che il tasso neutrale di lungo periodo sia almeno del 2,9%, come mostrano le nuove proiezioni rilasciate mercoledì. Prevedere dove si stabilizzeranno i tassi nel lungo termine è un sofisticato gioco di ipotesi, influenzato da forze economiche imprevedibili. Ci sarà sempre un elemento di incertezza. L’agenda macroeconomica che va dal25 al 29 marzo2024 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori di mercato saranno il PIL USA relativo al quarto trimestre del 2023 e il deflatore PCE, la misura preferita dalla Federal Reserve per monitorare l’andamento dell’inflazione, ma non solo. Per gli Stati Uniti si attendono anche le misurazioni del Chicago Fed National Activity Index, vendite di case nuove, indice dei prezzi delle case, indice manifatturiero della Fed di Dallas, indici composito e manifatturiero Fed di Kansas City, indice manifatturiero della Fed di Richmond, PMI di Chicago, ordini di beni durevoli, fiducia consumatori (Conference Board e dell’Università del Michigan), bilancia commerciale di beni e i dati sul reddito e spesa personali. Fronte Eurozona, si attendono alcuni indicatori di fiducia nella giornata di mercoledì, mentre per la Germania gli operatori monitoreranno il report mensile della Banca centrale tedesca, il rapporto GFK sul clima dei consumatori, vendite al dettaglio e il tasso di disoccupazione. Venerdì le Borse europee e USA saranno chiuse per festività.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,08%, China A50 +0,12%, Hang Seng +1,99%, il Nikkei ha chiuso a +2,08%, l’Australia ha chiuso +1,12%, Taiwan +0,15%, la Corea del Sud Kospi +2,40%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,69%. Il nostro FTSEMib +0,05%, Dax +0,18%, Ftse100 +0,61%, Cac40 -0,34%, Zurigo -0,44%. Il Nasdaq +0,16%, S&P500 -0,14%, il Russell2000 -1,27%. L’oro ha chiuso a 2.160,00 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 80,63$ per il wti e 84,83$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 27,360. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 129,560. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 13,06%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia si avviano a chiudere quasi tutti negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,68%, China A50 -0,10%, Hang Seng -0,20%, il Nikkei ha chiuso a -1,10%, l’Australia ha chiuso +0,53, Taiwan -0,18%, la Corea del Sud Kospi -0,40%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,26%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura debole così come l’America. L’oro si attesta a 2.166.70 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 81,05$ per il greggio e 85,24$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 66.994 e l’Ethereum 3.463.


Buona giornata e buona settimana.




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