(12° settimana - anno 2024)
Citazione del giorno:
Bill Bradley: L'ambizione è la strada per il successo. La persistenza è il mezzo con cui ci arrivi.
Le azioni sono crollate alla fine di una settimana tesa, con le fluttuazioni del mercato amplificate da una raffica di scadenze di opzioni venerdì. Nel mezzo del fenomeno trimestrale soprannominato “triple witching”, contratti legati ad azioni, opzioni su indici e futures per un valore di circa 5,3 trilioni di dollari hanno raggiunto la loro scadenza, aumentando il disagio del mercato. L’evento è arrivato in un momento critico per il posizionamento dei mercati prima della riunione politica della Fed della prossima settimana. Una recente ripresa dell’inflazione ha acceso il dibattito sulla portata dell’allentamento monetario nel 2024. L'S&P 500 è passato sotto i 5.120. Le small caps e le Big-Tech sono state le peggiori della settimana. Dal flusso di notizie macroeconomiche della settimana è emerso che l’economia statunitense sta deludendo le aspettative, mentre l’inflazione decelera a un ritmo più lento. Di conseguenza, il mercato ha rapidamente corretto le scommesse sulla tempistica dei tagli dei tassi della Fed, spostando le aspettative del primo taglio alla riunione di luglio. Ciò ha spinto i rendimenti obbligazionari al rialzo e i titoli del Tesoro a 10 anni verso la loro settimana peggiore dell’anno. Ma gli investitori hanno ormai fatto pace con rendimenti elevati (come si può constatare dall’indice MOVE della volatilità attesa sui bond statunitensi). I fondi azionari statunitensi continuano ad attrarre denaro: gli afflussi nella settimana terminata il 13 marzo sono stati pari a 56 miliardi di dollari. A distinguersi tra i settori, come sempre, sono i titoli tecnologici con 6,8 miliardi di dollari di afflussi. I piccoli trader continuano a riversarsi su opzioni rialziste, le azioni e le crypto “meme” sono tornate in voga e gli spread creditizi rimangono al di sotto della media quinquennale. Ma in mezzo all’entusiasmo, un senso di incertezza permea il mercato. Quanto a lungo può durare l’euforia? Più di quanto pensate!. Il dollaro ha registrato la settimana migliore da metà gennaio mentre l’oro ha perso l'1%. Bitcoin ha chiuso solo marginalmente in rialzo, tornando sopra i 70.000 dollari. Il greggio è salito durante la settimana, ma è stato il rame a riprendersi davvero, raggiungendo il livello più alto da febbraio 2023. Ormai lo sappiamo bene: sono i dati che guidano la rotta verso i tagli dei tassi. Con l'inflazione in aumento a febbraio, la Fed sospenderà l’allentamento monetario ancora a lungo? E’ probabile. Sarà la mossa giusta? Forse no. Sei settimane fa, i funzionari cercavano "maggiore fiducia" nel fatto che l'inflazione stesse tornando all’obiettivo del 2% e da allora non hanno ricevuto buone notizie. I nuovi dati sull’inflazione hanno fornito alla Fed ulteriori ragioni per rimandare i tagli dei tassi. I prezzi pagati ai produttori statunitensi hanno superato le previsioni a febbraio, aumentando al ritmo più veloce in un anno. Ciò ha fatto seguito ai dati di inizio settimana che hanno mostrato un aumento dei prezzi al consumo “core” per la prima volta da maggio scorso. Scendendo in profondità, fattori peculiari hanno spinto verso l’alto l’indice dei prezzi al consumo, mascherando la più ampia tendenza al ribasso dell’inflazione complessiva. Nel mese di febbraio, i servizi di alloggio e trasporto hanno contribuito per l’85% all’aumento del CPI. Le statistiche sull’inflazione possono essere volatili, soprattutto quelle mensili. L’aumento dei prezzi è ormai una storia che riguarda poche categorie. Inoltre, gli indicatori di mercato suggeriscono un imminente rallentamento di una di esse (i costi immobiliari). L’inflazione potrebbe pian piano riprendere a diminuire. Se la Fed insistesse nell’aspettare segnali positivi consecutivi, i tassi di interesse potrebbero restare fermi almeno fino a metà estate. Rimanere dipendenti dai dati in attesa di prospettive più rosee rischia di minare la forza del mercato del lavoro. Sotto la superficie, si nascondono già sottili debolezze come il calo del turnover del lavoro, la diminuzione delle ore lavorate e l’aumento del tasso di disoccupazione. Insomma l’errore che potrebbe commettere la Fed e le altre banche centrali è la troppa precauzione. Staremo a vedere. Dopo i recenti sviluppi sull’inflazione, tutti gli occhi sono puntati sull’imminente pubblicazione del dot-plot della Fed. I politici rimarranno fedeli alle loro previsioni precedenti di tre riduzioni dei tassi quest’anno? O si adegueranno alla riaccelerazione dell’inflazione? Basterebbero solo due funzionari per spingere in alto il punto mediano del dot plot e passare a due tagli. L’attenzione si estende anche oltre il 2024. A dicembre i politici avevano previsto tagli di un intero punto percentuale nel 2025, prima che la crescita degli Stati Uniti sovraperformasse lo scorso trimestre. Le proiezioni del FOMC includono anche una stima del tasso ufficiale sul lungo periodo, visto come una sorta di proxy per l’arcano "tasso neutrale", ovvero la stima del tasso di interesse che non stimola né rallenta la crescita economica. Se la Fed aggiustasse al rialzo la sua stima a lungo termine la prossima settimana, ciò potrebbe comportare ulteriori problemi per i titoli del Tesoro già alle prese con la pressione dell’aumento del debito federale. L’asta dei titoli a 10 anni tenutasi martedì ha attirato una domanda mediocre. Mentre le azioni continuano ad avanzare, ci troviamo a un punto in cui la strada da percorrere sembra un deserto. Ogni mercato rialzista ha bisogno di momenti di positività per continuare, e il prossimo mese si preannuncia arido di buone notizie. Innanzitutto, consideriamo le prospettive della politica monetaria. Come avrete già capito, non c’è alcun motivo che incoraggi Powell a parlare di un imminente allentamento alla riunione della prossima settimana. Se l’inflazione continuasse a salire, gli investitori potrebbero diventare più cauti e rinunciare alle loro scommesse sui tagli. E gli avvertimenti di ulteriori aumenti prolifererebbero nei media finanziari, alimentando una narrativa hawkish. Dopo le prospettive politiche ci sono quelle degli utili. Dovremo aspettare un po’ per un'altra dose di magia dei giganti dell'intelligenza artificiale come Nvidia e Microsoft. E che dire dei consumatori americani? Beh, sembra che il loro potere di spesa si stia affievolendo. Con le vendite al dettaglio in stasi e i consumi che perdono vivacità, ci troviamo di fronte ad un indebolimento dei venti favorevoli. In ultima analisi, le valutazioni hanno raggiunto livelli ben al di sopra delle norme pre-pandemiche. L’aumento del rapporto prezzo/utili è il riflesso di un indice che è maggiormente sbilanciato verso la tecnologia. Ma non importa come vengono interpretati i dati, non si può più negare che le azioni statunitensi a grande capitalizzazione sono costose. Non a livello di bolla, ma comunque costose. L’agenda macroeconomica che va dal 18 al 22 marzo 2024 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori di mercato saranno la riunione di politica monetaria della Federal Reserve e la conseguente conferenza stampa del governatore Jerome Powell, ma non solo. Oggi verranno rilasciati i dati sull’inflazione dell’Eurozona e giovedì sotto la lente degli investitori ci saranno gli indici PMI (manifatturiero, servizi e composito) e la riunione di politica monetaria della Bank of England. In Cina invece verranno rilasciate diverse misurazioni macroeconomiche importanti come la disoccupazione, la produzione industriale e le vendite al dettaglio.
VENERDI’
I listini dell’Asia hanno chiuso negativi ad eccezione della Cina Continentale. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,54%, China A50 +0,17%, Hang Seng -1,81%, il Nikkei chiuso -0,33%, l’Australia ha chiuso -0,56%, Taiwan -1,28%, la Corea del Sud Kospi -1,91%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso -0,72%. Il nostro FTSEMib +0,46%, Dax -0,08%, Ftse100 -0,20%, Cac40 +0,04%, Zurigo -0,38%. Il Nasdaq -0,96%, S&P500 -0,65%, il Russell2000 +0,40%. L’oro ha chiuso a 2.161,50 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 80,58$ per il wti e 85,34$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 27,300. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 123,03. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 14,41%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere positivi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +0,99%, China A50 +0,56%, Hang Seng +0,16%, il Nikkei chiuso +2,53%, l’Australia ha chiuso +0,07%, Taiwan +1,00%, la Corea del Sud Kospi +0,72%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,22%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura debole mentre l’America è positiva. L’oro si attesta a 2.150,40 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 80,98$ per il greggio e 85,70$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 68.638 e l’Ethereum 3.632.
Buona giornata e buona settimana.
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