Pillole di Mercato
- Federico Caligiuri
- 16 ott 2023
- Tempo di lettura: 6 min
(42° settimana - anno 2023)

Citazione del giorno:
Galileo Galilei: "La matematica è la lingua con cui Dio ha scritto l’universo."
Questa settimana i mercati hanno dovuto digerire diverse notizie, dal conflitto Israele-Hamas ai dati sull’inflazione al di sopra delle aspettative. I rischi geopolitici hanno spinto i trader a cercare sicurezza in vista del fine settimana. L'oro è salito di oltre il 5% dopo gli attacchi contro Israele, riportandosi sopra i 1900 $. Anche le obbligazioni sono state richieste. Il segmento a lungo termine ha sovraperformato drammaticamente mentre i rendimenti a 2 anni sono rimbalzati sopra il 5%, appiattendo drasticamente la curva dei rendimenti. Una serie di funzionari della Fed ha dichiarato che i rendimenti elevati stanno inasprendo le condizioni finanziarie al punto da non rendere più necessaria alcuna azione da parte della banca centrale. Il presidente della Fed di Dallas, Lorie Logan, ha affermato che il recente aumento dei tassi a lungo termine potrebbe significare una minore necessità di ulteriori aumenti. Lunedì il vicepresidente Philip Jefferson ha dichiarato di considerare l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro come un potenziale freno all'economia. I commenti hanno contribuito ad arrestare un balzo di cinque settimane nei rendimenti a 10 anni e hanno coinciso con una corsa agli ETF che seguono i titoli del Tesoro. Con l’aumento dei tassi, alcuni argomenti di valutazione per le azioni peggiorano. Allo stato attuale, i titoli del Tesoro a 10 anni rendono circa lo stesso dell’S&P 500. Anche se il conflitto in Medio Oriente si è intensificato, l’S&P 500 ha registrato il secondo rialzo settimanale consecutivo. Il Nasdaq ha chiuso perfettamente invariato, il Dow Jones ha registrato guadagni modesti e le small cap hanno sofferto. Il VIX è risalito sopra quota 20 grazie agli acquirenti alla ricerca di protezione. Il petrolio WTI è aumentato di oltre il 5%, il secondo guadagno settimanale più grande da aprile. Un aumento sostenuto dei prezzi del petrolio potrebbe alimentare ulteriormente le preoccupazioni inflazionistiche e danneggiare l’economia globale in un momento in cui i costi di finanziamento sono saliti alle stelle. Il dollaro ha chiuso leggermente in rialzo, prendendo slancio dopo l’uscita del CPI. Le criptovalute sono crollate, con Bitcoin che ha trovato supporto attorno ai 26.500 $. A settembre l'inflazione è stata superiore alle stime, ma non di molto. Le aspettative prima della pubblicazione di giovedì erano per una continua e chiara riduzione degli aumenti dei prezzi al consumo che diminuisse la probabilità di un altro aumento dei tassi della Fed quest’anno. Ancora una volta, l’aumento è stato guidato dai costi delle abitazioni. Sembra quindi confermato il quadro di un problema che è ormai principalmente dominato da una misura ritardata del mercato immobiliare. Una ragione per continuare ad essere preoccupati deriva dalla misura “supercore” dei servizi esclusi gli alloggi, che negli ultimi mesi il presidente della Fed Jerome Powell ha sottolineato come importante per determinare la traiettoria dell’inflazione. Settembre ha visto il più alto incremento mensile in un anno. Nel complesso si è trattato di un rapporto sull’inflazione moderatamente deludente ma che non cambia ancora i calcoli della Fed, che probabilmente manterrà invariati i tassi di interesse alla prossima riunione. All'inizio della settimana, dopo le notizie provenienti da Israele, i rendimenti dei titoli del Tesoro sono crollati. I commenti da parte di vari funzionari della Fed secondo cui rendimenti più alti avrebbero evitato la necessità di aumentare ulteriormente i tassi hanno aggiunto carburante agli acquisti di obbligazioni. Ma dopo i dati sull’inflazione, i rendimenti sono ritornati al 4,7%. L'indice dei prezzi al consumo di settembre ha riacceso anche la convinzione che la Fed avrebbe nuovamente aumentato i tassi quest’anno. Lo spostamento nel mercato dei futures sui fed funds è stato pronunciato. Questione materie prime: Il petrolio è salito sopra gli 87 dollari al barile venerdì per paura che i combattimenti tra Israele e Hamas possano destabilizzare il Medio Oriente e limitare l'offerta globale. La maggior parte dell'impulso rialzista di lunedì successivo all'attacco di Hamas contro Israele è stato recuperato nei tre giorni successivi. Ma venerdì il ministro degli Esteri iraniano ha avvertito che i militanti sostenuti da Teheran potrebbero aprire un nuovo fronte nella guerra se il blocco di Gaza dovesse continuare. I trader stanno cercando di valutare l'impatto di un coinvolgimento dell’Iran, che sostiene militarmente e finanziariamente Hamas. Quest’anno la Repubblica Islamica si è trasformata nella seconda fonte di approvvigionamento principale per il mercato del petrolio. I barili iraniani sono riusciti a placare l’effetto dei tagli volontari di Arabia Saudita e Russia. Se il conflitto dovesse coinvolgere l’Iran, il governo potrebbe decidere di bloccare lo Stretto di Hormuz, un’arteria chiave che collega i paesi produttori di petrolio del Golfo Persico alle raffinerie di tutto il mondo. Gli Stati Uniti, che finora avevano consentito alle esportazioni di greggio iraniano di aumentare, potrebbero applicare sanzioni più stringenti su Teheran. Qualsiasi interruzione dei flussi potrebbe portare ad aumenti significativi dei prezzi del petrolio. L’aumento delle scorte di greggio statunitense ha contribuito a far scendere i prezzi giovedì, anche se l’effetto è stato mitigato da un calo dell’offerta presso l’hub di stoccaggio di Cushing, Oklahoma, il punto di consegna del WTI. Nel frattempo, l’Agenzia internazionale per l’energia ha affermato che il recente calo del petrolio da quasi 100 dollari al barile ha dimostrato che i prezzi sono saliti abbastanza da iniziare a erodere la domanda, anche se quest’anno si registra ancora un consumo mondiale record. Le tensioni in Medio Oriente mettono comunque il mercato sull’attenti. Le oscillazioni dei prezzi del petrolio sono aumentate, così come l’attività in alcuni angoli del mercato come le opzioni. Secondo fonti a conoscenza della questione, la Cina sta valutando la possibilità di costituire un fondo statale di stabilizzazione per sostenere il suo mercato azionario da 9,5 trilioni di dollari. Le autorità di regolamentazione finanziaria hanno richiesto che il fondo abbia accesso a centinaia di miliardi di yuan. Questa non è stata l’unica notizia potenzialmente positiva per il mercato. Questa settimana la Cina è intervenuta nel mercato azionario, con il fondo sovrano Central Huijin Investment Ltd che ha acquistato circa 65 milioni di dollari di azioni delle maggiori banche del paese e si è impegnato ad aumentare le partecipazioni nei prossimi sei mesi. I media statali si sono affrettati a parlare degli acquisti del fondo sovrano. L’intervento è apparso sulle prime pagine dei principali giornali finanziari cinesi, secondo i quali la mossa avrebbe aumentato la fiducia degli investitori. Ma la risposta degli operatori è stata contenuta. Entrambe le notizie di questa settimana non sono riuscite a ripristinare la fiducia nel mercato azionario cinese. Il CSI 300 ha toccato il minimo di 11 mesi e rimane in drawdown del 37% rispetto al massimo del 2021. Nemmeno gli sforzi precedenti sono riusciti a sostenere le azioni. Negli ultimi mesi, i funzionari cinesi hanno rallentato il ritmo delle offerte pubbliche iniziali, frenato le vendite da parte di alcuni importanti azionisti, tagliato l’imposta di bollo sulle transazioni azionarie e allentato le regole sul trading a margine. Ma i fondi globali continuano ad essere venditori netti di azioni cinesi, con poca fiducia sulle prospettive di crescita della nazione. Probabilmente il mercato azionario cinese avrà bisogno di qualcosa di più di un intervento da parte di un fondo di stabilizzazione. L’agenda macroeconomica che va dal 16 al 20 ottobre 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno i dati dell’inflazione dell’Eurozona relativi a settembre, ma non solo. Per l’area euro si attendono anche le letture della bilancia commerciale e degli indici ZEW, fiducia sull’economia delle aziende (anche per la Germania). Per l’Italia focus sull’inflazione e sulla bilancia commerciale. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, gli investitori monitoreranno i dati dell’indice manifatturiero dello Stato di New York e quello elaborato dalla Fed di Philadelphia, vendite al dettaglio, produzione industriale, indice NAHB (stato di salute del mercato immobiliare), permessi di costruzione, nuovi cantieri edili residenziali, vendite case esistenti, nuove richieste settimanali sussidi disoccupazione e sul Leading Index elaborato dal Conference Board. Carrellata di dati macro dati anche per Gran Bretagna e Cina. Per la prima nella giornata di martedì saranno rilasciati i dati sul mercato del lavoro, mentre per la Cina mercoledì si attendono i dati del PIL del terzo trimestre, produzione industriale, vendite al dettaglio e tasso di disoccupazione. Infine proseguono le trimestrali per Q3.
VENERDI’
I mercati asiatici hanno chiuso tutti negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,12%, China A50 -0,86%, Hang Seng ha chiuso a -2,33%, il Nikkei -1,15%, l’Australia -0,56%, Taiwan -0,23%, la Corea del Sud Kospi -0,95%, l’indice Indiano Sensex -0,19%. Il nostro FTSEMib -0,90%, Dax -1,55%, Ftse100 -0,59%, Cac40 -1,42%, Zurigo -0,72%. Il Nasdaq ha chiuso a -1,39%, S&P500 -0,66%, il Russell2000 -0,84%. L’oro ha chiuso a 1.945,90 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 87,72$ per il wti e 90,80$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 53,982. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 189,860. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 19,32%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere tutti negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai composite -0,36%, China A50 -0,75%, Hang Seng ha chiuso a -0,26%, il Nikkei -1,88%, l’Australia -0,35%, Taiwan -0,88%, la Corea del Sud Kospi -1,06%, l’indice Indiano Sensex -0,04%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura positiva così come l’America. L’oro si attesta a 1.932,80 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 86,47$ per il greggio e 90,98$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 27.800 e l’Ethereum 1.585.
Buona giornata e buona settimana.
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