(39° settimana - anno 2023)
Citazione del giorno:
Martin Luther King Jr.: "Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino."
Una settimana nervosa ha visto gli investitori posizionarsi per tassi più alti per un periodo più lungo. Il mercato ha rivalutato in modo significativo le sue aspettative sulla traiettoria dei tassi della Fed, con probabilità di tagli nel 2024 significativamente inferiori. L’enfasi di Powell sulla necessità di rendimenti reali più elevati nell’ultima tappa della sua lotta contro l’inflazione ha colpito gli asset di rischio, con perdite sincronizzate di azioni, obbligazioni e materie prime. Mentre i tassi reali di riferimento a 10 anni sono saliti al livello più alto dal 2009, l’indice S&P 500 ha registrato la settimana peggiore da marzo. Le small cap del Russell e il Nasdaq sono stati i più colpiti. Costi di finanziamento più elevati mettono sotto pressione soprattutto i titoli tecnologici perché le loro prospettive di guadagno a lungo termine devono essere scontate a tassi più alti. Allo stesso tempo, gli asset privi di flussi di reddito sono meno attraenti dato il costo opportunità per detenerli rispetto a un titolo del Tesoro privo di rischio e con un rendimento reale. L’indice tecnologico è sceso di oltre il 5% finora a settembre, sulla buona strada per la sua peggiore performance mensile del 2023. Anche così, l’indice viene scambiato a più di 31 volte gli utili annuali, al di sotto dei picchi del 2021 ma al di sopra della media dell’ultimo decennio. Gli investitori hanno venduto le azioni al ritmo più veloce da dicembre. Secondo i dati di EPFR Global, nella settimana fino al 20 settembre i fondi azionari globali hanno registrato deflussi per 16,9 miliardi di dollari. I fondi azionari statunitensi hanno guidato l’esodo, mentre in Europa i deflussi consecutivi hanno raggiunto le 28 settimane. I titoli del Tesoro sono tutti scesi durante la settimana. I rendimenti a dieci anni hanno superato brevemente il 4,5% per la prima volta dal 2007. Il dollaro si è rafforzato. Bitcoin ha chiuso intorno ai $ 26.500. I prezzi del petrolio hanno suscitato molta eccitazione nel corso della settimana, ma sono finiti pressoché invariati. Anche l'oro è rimasto piatto. I dati che mostrano che l’inflazione negli Stati Uniti sta diminuendo mentre il mercato del lavoro rimane forte stanno alimentando le aspettative che la Fed possa mettere in atto un atterraggio morbido. Sfortunatamente per Powell e i suoi colleghi, la combinazione di tre eventi potrebbe ostacolare la crescita nel quarto trimestre: uno storico sciopero dei lavoratori del settore automobilistico, uno shutdown del governo e la ripresa dei pagamenti dei prestiti studenteschi. Lo sciopero organizzato dalla United Auto Workers (UAW) arriva proprio mentre le catene di fornitura e i prezzi dei veicoli si stanno normalizzando. Finora lo sciopero ha coinvolto 1.500 lavoratori in tre stabilimenti gestiti da General Motors, Ford e Stellantis. Se dovesse estendersi a tutti i 150.000 membri della UAW, quasi un terzo della produzione automobilistica statunitense si fermerebbe. Secondo Oxford Economics, la crescita delle buste paga diventerebbe temporaneamente negativa e le conseguenti carenze presso i concessionari di automobili farebbero salire i prezzi dei nuovi veicoli. Anche centinaia di migliaia di dipendenti federali potrebbero smettere di lavorare il mese prossimo. Un gruppo di ultraconservatori alla Camera dei Rappresentanti ha bloccato i voti su una serie di progetti di legge necessari per mantenere il governo in funzione nel prossimo anno fiscale, che inizierà il 1° ottobre. Le chiusure del governo in genere durano pochi giorni, ma le lotte all’interno del Partito Repubblicano minacciano una chiusura più lunga. Ci sono state solo tre chiusure prolungate nella storia degli Stati Uniti: la prima, nel 1995, è durata 21 giorni; un'altra nel 2013 è andata avanti 16 giorni; la terza è iniziata a dicembre 2018 e si è protratta fino a gennaio 2019, per un totale di 35 giorni. Lo shutdown del governo più costoso della storia - quello più recente - è costato circa 3 miliardi di dollari, secondo i calcoli del Congressional Budget Office. Gli economisti di Goldman Sachs stimano che ogni settimana di chiusura del governo ridurrebbe di 0,15 punti percentuali la crescita del PIL del quarto trimestre. Dopo la pausa pandemica di tre anni, la ripresa dei pagamenti dei prestiti studenteschi il mese prossimo peserà su 28 milioni di mutuatari. L’impatto sull’economia dipenderà da come si svolgeranno gli eventi. Lo sciopero automobilistico e la chiusura del governo potrebbero finire nel giro di giorni o settimane. Inoltre, alcuni mutuatari potrebbero essere in grado di trarre vantaggio da programmi che consentono loro di ridurre il carico del debito studentesco. In ogni caso, la storia non è dalla parte della Fed. In passato, importanti episodi di inasprimento della politica monetaria simili a quello a cui abbiamo assistito negli ultimi 18 mesi raramente hanno segnato l’inizio di un’espansione sostenuta. La speranza di aver terminato la scalata è ciò che unisce le riunioni delle banche centrali di questa settimana (con l'eterna eccezione della Bank of Japan che non ha ancora iniziato ad aumentare i tassi). La Banca nazionale svizzera e la Bank of England hanno sorpreso scegliendo di non aumentare i tassi. Giovedì la Riksbank ha portato i tassi al 4%, ma ha segnalato di aver finito. Dando un'occhiata al tasso di riferimento della Fed a partire dal 1970 si nota che le grandi scalate dei tassi sono seguite da discese altrettanto ripide. I tassi tendono a muoversi in questo modo perché la politica monetaria inasprisce finché qualcosa non si rompe. Quando scoppia una crisi finanziaria o una recessione, i tassi devono scendere rapidamente. Le diminuzioni misurate sono insolite. Gli annunci delle banche centrali sono stati accompagnati da un significativo rialzo dei rendimenti obbligazionari. Il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni ha raggiunto il 4,5% per la prima volta dalla vigilia della crisi finanziaria globale del 2007. Il mercato obbligazionario sta semplicemente riconoscendo che finché non arriverà la recessione, i rendimenti dovranno continuare a salire. L’ultima impennata è attribuibile alla Fed. Le proiezioni economiche aggiornate del FOMC implicano un’economia con più slancio di quanto previsto in precedenza e che ci sia meno bisogno di schiacciare il mercato del lavoro per riportare l’inflazione al target. Fino a quando la Fed non “romperà qualcosa”, i rendimenti rimarranno sotto pressione. L’agenda macroeconomica che va dal 25 al 29 settembre 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno i dati del PIL degli Stati Uniti e dell’inflazione dell’Eurozona, ma non solo. Per gli USA si attendono una carrellata di misurazioni: Chicago Fed National Activity Index, indici manifatturiero della Fed di Dallas, Richmond e Kansas City, PMI di Chicago, fiducia dei consumatori del Conference Board e dell’Università del Michigan, indice dei prezzi delle case, vendite di case nuove e pendenti, ordini di beni durevoli, nuove richieste settimanali sussidi disoccupazione, indice PCE, bilancia commerciale di beni e i dati sul reddito e spesa personali. Per quanto riguarda l’Eurozona, focus anche su alcuni indicatori fiducia (aziende e consumatori). Guardando ai singoli Paesi del blocco europeo, segnaliamo per la Germania gli indici IFO, rapporto GFK sulla fiducia dei consumatori, inflazione, vendite al dettaglio e il tasso di disoccupazione. Per l’Italia si attendono alcuni indicatori fiducia (aziende e consumatori), prezzi alla produzione, vendite industriali, bilancia commerciale non-UE e le letture sull’inflazione. Guardando in Asia, per il Giappone si aspettano i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria della BoJ, ma anche i dati sull’inflazione, tasso di disoccupazione, produzione industriale e delle vendite al dettaglio. Per la Cina si aspettano gli indici manifatturiero e dei servizi e segnalo che venerdì la Borsa del Paese sarà chiusa per festività.
VENERDI’
I mercati asiatici hanno chiuso misti. Nei singoli paesi lo Shanghai +0,77%, China A50 chiuso +1,15%, Hang Seng +1,04%, il Nikkei ha chiuso a -0,50%, l’Australia -0,19%, Taiwan +0,24%, la Corea del Sud Kospi -0,27%, l’indice Indiano Sensex +0,10%. Il nostro FTSEMib -0,46%, Dax -0,09%, Ftse100 +0,07%, Cac40 -0,40%, Zurigo -0,63%. Il Nasdaq ha chiuso a -0,09%, S&P500 -0,23%, il Russell2000 -0,30%. L’oro ha chiuso a 1.944,90 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 90,33$ per il wti e 91,96$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 39,791. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 181,590. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 17,20%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,39%, China A50 chiuso -0,41%, Hang Seng -1,38%, il Nikkei ha chiuso a +0,83%, l’Australia -0,13%, Taiwan +0,70%, la Corea del Sud Kospi -0,38%, l’indice Indiano Sensex -0,24%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura positiva così come l’America. L’oro si attesta a 1.942,40 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 90,41$ per il greggio e 92,35$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 26.133 e l’Ethereum 1.578.
Buona giornata e buona settimana.
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