(38° settimana - anno 2023)
Citazione del giorno:
Joseph Card. Pizzardo: "Dammi Signore serenità per accettare le cose che non posso cambiare, forza per cambiare quelle che posso, saggezza per distinguere le une dalle altre."
Con una massiccia scadenza di opzioni che ha amplificato la volatilità, venerdì l’S&P 500 ha cancellato il suo guadagno settimanale. A soffrire di più sono stati i titoli tecnologici. L’indice della volatilità azionaria, il VIX, è salito dal livello più basso dal 2020. Pile di contratti derivati legati ad azioni, opzioni su indici e futures sono scaduti venerdì, costringendo i trader a rinnovare le loro posizioni esistenti o ad avviarne di nuove. Questa scadenza ha coinciso con il ribilanciamento degli indici di riferimento come l’S&P 500, aggiungendo carburante ai movimenti del mercato. Nel frattempo, le aspettative di inflazione dei consumatori negli Stati Uniti sono scese ai livelli più bassi degli ultimi due anni, secondo le stime preliminari dell’Università del Michigan. Le aspettative del mercato, invece, sono aumentate sulla scia del CPI (inflazione) più caldo del previsto. I fondi azionari hanno registrato il maggiore afflusso settimanale in 18 mesi. Secondo i dati EPFR Global citati da Bank of America, nella settimana terminata il 13 settembre i titoli azionari globali hanno attirato 25,3 miliardi di dollari, il massimo da marzo 2022. Nonostante l’ottimismo sull’economia statunitense, i contanti e i titoli del Tesoro hanno attirato la maggior parte degli afflussi ed entrambe le classi di attività sono sulla buona strada per un anno record. I titoli del Tesoro sono stati nuovamente venduti questa settimana. Il rendimento a 2 anni è risalito al di sopra del livello chiave del 5%. L’indice del dollaro americano ha chiuso la sua nona settimana consecutiva al rialzo. Le criptovalute hanno avuto performance miste. Bitcoin ha ottenuto guadagni modesti mentre Ethereum ha chiuso leggermente in ribasso. I prezzi del petrolio sono aumentati, con il WTI che ha superato i 91 dollari. Anche l’oro ha guadagnato. Il rallentamento dell’economia cinese è diventato il tema preferito dagli investitori. I gestori di fondi globali sono convinti che la seconda economia mondiale stia andando incontro a un periodo di crescita più lento. Gli investitori sono diventati scettici anche riguardo alla possibilità di qualsiasi stimolo in grado di rilanciare l’economia. Solo il 15% si aspetta un “bazooka” politico. Inoltre, il settore immobiliare cinese è ora visto come la fonte numero uno per il prossimo evento creditizio globale. Non c’è da stupirsi che gli investitori siano così pessimisti. Dopo più di un decennio di indebitamento eccessivo, la resa dei conti è arrivata. Le vendite di case e appartamenti sono in forte calo, i prezzi continuano a scendere e l’attività edilizia si sta contraendo. Circa 13,6 trilioni di yuan (1,9 trilioni di dollari) di debito degli sviluppatori immobiliari è a rischio di default, una cifra pari a quasi il 12% del prodotto interno lordo. A peggiorare la situazione si aggiungono un freno demografico - con una popolazione in età lavorativa che dovrebbe ridursi di 240 milioni nei prossimi tre decenni - e relazioni commerciali contrastanti con gli Stati Uniti. Una correzione in un settore che rappresenta circa il 20% del PIL è inevitabilmente dolorosa. Finora, però, ciò è avvenuto senza portare l’economia in recessione o far precipitare il sistema finanziario cinese in una vera e propria crisi. E potremmo essere più vicini alla fine che all’inizio. Bloomberg Economics calcola che l’offerta di alloggi dovrà diminuire del 30% per allinearsi alla domanda. La costruzione è già diminuita del 18%. Nel frattempo, la Cina continua a trovare nuove fonti di crescita. Le vendite di veicoli elettrici stanno esplodendo. Includendo le vetture ibride plug-in, le vendite EV nel 2022 ammontano a 5,7 milioni. Considerato il controllo della Cina sulle catene di approvvigionamento di energia rinnovabile, il vantaggio nel settore delle auto elettriche potrebbe conferire al Paese una posizione dominante nell’economia verde. Huawei Technologies, il produttore cinese di apparecchiature per le telecomunicazioni bersaglio delle sanzioni statunitensi, ha recentemente presentato nuovi modelli di smartphone che utilizzano semiconduttori avanzati prodotti localmente, segno che i controlli sulle esportazioni di Washington potrebbero non riuscire a bloccare le ambizioni tecnologiche della Cina. È anche utile assumere una prospettiva storica. La crescita della Cina negli ultimi 40 anni è stata eccezionale, ma non si è trattato di una traiettoria ascendente ininterrotta. L’economia è arrivata sull’orlo del baratro almeno quattro volte: nel 1989, in seguito al massacro di piazza Tiananmen; nel 1998, durante la crisi finanziaria asiatica; nella crisi finanziaria globale del 2008; e nel 2015, dopo una massiccia svalutazione dello yuan. In ciascuna di quelle occasioni, gli analisti occidentali si sono messi in fila per proclamare che la fine era vicina. Il timore di non riuscire a tenere l’inflazione sotto controllo e il rischio di fermarsi troppo presto devono aver superato le preoccupazioni relative al rischio di recessione nell’Eurozona. E’ così che la Banca Centrale Europea ha deciso di aumentare i tassi ad un record del 4%. Le proiezioni aggiornate della BCE mostrano un’inflazione “troppo alta per troppo tempo”. Sia la previsione dell’inflazione complessiva che quella core non sono compatibili con la definizione di stabilità dei prezzi. E mentre l’inflazione rimane troppo elevata, le prospettive di crescita continuano a peggiorare. In questo contesto macroeconomico, sia un rialzo dei tassi che una pausa sarebbero stati plausibili. L'aumento "dovish” è servito principalmente a rafforzare la credibilità del mandato della banca centrale e probabilmente a colmare le crescenti divergenze tra falchi e colombe del Consiglio direttivo. Gli economisti sono d’accordo. Quello di giovedì è stato l’ultimo aumento della campagna di inasprimento più aggressiva della storia della Banca Centrale Europea. A questo proposito, è fondamentale un’osservazione contenuta nella comunicazione ufficiale: “Sulla base della sua attuale valutazione, il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al tempestivo ritorno dell’inflazione al target”. Lagarde ha comunque lasciato la porta aperta a futuri rialzi dei tassi. L’inflazione ha semplicemente preso troppe svolte inaspettate e la BCE si è sbagliata troppo spesso in passato. I mercati sono rimasti concentrati sulle prospettive di crescita sempre più fosche. Circa 75 punti base di tagli sono scontati nel 2024 e l'euro è sceso per la nona settimana consecutiva nei confronti del dollaro. L’agenda macroeconomica che va dal 18 al 22 settembre 2023 sarà caratterizzata dalla pubblicazione di alcune misurazioni importanti per le principali economie europee e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori dei mercati finanziari saranno la riunione di politica monetaria della Federal Reserve e i dati sull’inflazione dell’Eurozona. Oltre a questi due eventi, gli operatori monitoreranno gli indici PMI (manifatturiero, servizi e composito) di settembre. Lato Banche centrali, giovedì sarà anche il turno della Bank of England e venerdì della BoJ. Per gli Stati Uniti si aspettano anche i dati delle concessioni edilizie, scorte e produzione greggio, indice manifatturiero della Fed di Philadelphia, vendite di case esistenti, nuove richieste di sussidi di disoccupazione e l’indice predittivo del Conference Board.
VENERDI’
I mercati asiatici hanno chiuso positivamente. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,08%, China A50 chiuso -0,07%, Hang Seng +1,58%, il Nikkei ha chiuso a +1,18%, l’Australia +1,42%, Taiwan +0,29%, la Corea del Sud Kospi +1,22%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,23% (superato il max storico). Il nostro FTSEMib +0,08%, Dax +0,56%, Ftse100 +0,50%, Cac40 +0,96%, Zurigo +0,90%. Il Nasdaq ha chiuso a -1,56%, S&P500 -1,22%, il Russell2000 -1,05%. L’oro ha chiuso a 1.944,55 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 91,15$ per il wti e 94,20$ per il brent inglese. Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 36,505. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 173,280. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 13,79%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.
PRE-APERTURE
I listini dell’Asia si avviano a chiudere negativi con la sola Cina continentale a vedere il segno verde. Nei singoli paesi lo Shanghai -0,05%, China A50 chiuso +0,70%, Hang Seng -1,42%, il Nikkei chiuso per festività, l’Australia -0,65%, Taiwan -1,18%, la Corea del Sud Kospi -0,94%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso -0,14%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura con il segno più così come l’America. L’oro si attesta a 1.949,50 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 90,59$ per il greggio e 94,44$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 26.647 e l’Ethereum 1.632.
Buona giornata e buona settimana.
Comments