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Pillole di Mercato

(8° settimana - anno 2024)

Citazione del giorno:

Charles Bukowski: "Si fa solo un giro, sulla giostra. La vita è degli audaci."

 

Il più grande mercato obbligazionario del mondo ha prolungato la sua discesa e le azioni statunitensi sono scese da un record. Ciò si è verificato in una settimana che ha visto ben due rapporti sull’inflazione più caldi del previsto (CPI e PPI). Si prospetta un “ultimo miglio” tosto verso l’obiettivo del 2%. L'S&P 500 ha interrotto una serie di guadagni lunga cinque settimane. Il Nasdaq 100 ha sottoperformato a causa delle perdite di giganti come Meta Platforms e Apple. Il dollaro ha chiuso la settimana in rialzo mentre l'oro è sceso. Il petrolio ha registrato un rally che lo ha portato al livello più alto da novembre. Bitcoin ha superato i 50.000 dollari per la prima volta dal 2021. Gli ultimi dati hanno spinto i trader a ritirare le loro scommesse sui tagli dei tassi. Le loro aspettative si stanno pian piano avvicinando alle previsioni della Fed. A dicembre i politici hanno previsto tagli per un totale di 75 punti base quest’anno. Il mercato adesso sconta meno di 90 punti base di tagli nel 2024, rispetto ai circa 150 punti base scontati all’inizio di febbraio. Quello di martedì non è stato esattamente il rapporto sull’inflazione che la Fed avrebbe voluto vedere. Non si è trattato di un vero e proprio disastro. La tendenza dell’inflazione è ancora al ribasso. E’ solo che il processo di disinflazione sembra essere molto lento e il viaggio di ritorno al target del 2% accidentato. Dal rapporto emerge pienamente la dicotomia tra gli aspetti transitori dell’inflazione e quelli persistenti. Basta confrontare gli aumenti su base mensile dei prezzi dei beni e quelli dei servizi. I beni hanno subito uno shock enorme che ormai è passato. L’inflazione dei servizi, invece, continua a rimanere ostinatamente elevata. Scomponendo la categoria dei servizi in alloggi e in servizi “supercore” (che escludono gli alloggi), scopriamo che:

A. la misura supercore sta aumentando;

B. l’inflazione degli alloggi non diminuisce abbastanza velocemente.

Misure più sofisticate dell’inflazione sottostante effettuate da diversi gruppi di ricerca della Fed confermano un quadro di pressione inflazionistica in aumento. Il trimmed-mean CPI della Fed di Cleveland è appena inferiore al 4%. L'indice dei prezzi vischiosi calcolato dalla Fed di Atlanta è aumentato del 4,6%. Qual è il punto? I dati confermano che l’approccio cauto della Fed nell’iniziare ad allentare la politica è quello giusto. Se prima dei dati di questa settimana un taglio dei tassi a marzo era improbabile, adesso lo è ancora di più. Con la stagione degli utili che volge al termine, le aziende americane hanno messo a segno un altro trimestre solido. I profitti delle società dell’S&P 500 sono cresciuti del 7%. La propensione al rischio è ancora alle stelle. Le condizioni finanziarie si sono allentate. Nel reddito fisso la paura è difficile da trovare: il rendimento extra richiesto dagli investitori per detenere obbligazioni societarie investment grade e con rating spazzatura è sceso al livello più basso degli ultimi due anni. Anche l’interesse per le coperture obbligazionarie sta diminuendo. Un sentiment simile domina anche il mercato azionario. Invece di proteggersi dai ribassi, gli operatori di borsa stanno accumulando opzioni rialziste per prepararsi a un ulteriore rialzo. Questi contratti sono così popolari che il loro costo è quasi pari a quello delle put ribassiste. La differenza di prezzo tra call e put, nota come skew, ha raggiunto il livello più alto dal 2021, un anno in cui è scoppiata la frenesia speculativa in tutto, dalle azioni meme agli NFT. Cosa potrebbe mai andare storto?. Dopo i dati sul CPI USA, la Banca Centrale Europea potrebbe effettivamente avviare il processo di allentamento prima della Fed. Intuitivamente, un taglio della BCE mentre la Fed resta ferma potrebbe indebolire la valuta comune. Il mercato è aggressivo nello scontare l’entità dei tagli che seguiranno. Se diamo ascolto ai politici della BCE, il ciclo dei tagli dei tassi sarà molto più lento di quanto pensano i mercati. È probabile che queste opinioni divergenti alla fine convergano a metà strada tra ciò che pensano oggi i funzionari e ciò che viene scontato nei prezzi di mercato. La valuta comune è debole da molto tempo. Stabilito con l'obiettivo di essere scambiato approssimativamente alla parità con il dollaro, l'euro è in un declino dal 2009. La crisi del debito sovrano europeo degli inizi degli anni 2010 rimane impressa nella memoria. La crescita nella zona euro è stata lenta poiché il principale motore del continente, la Germania, è alle prese con una possibile recessione. Il prodotto interno lordo dell'area dell'euro è rimasto invariato nel quarto trimestre rispetto ai tre mesi precedenti, il che significa che il blocco ha evitato per un pelo una recessione dopo la leggera contrazione tra luglio e settembre. Per anni, i mercati hanno voluto credere che la Germania avrebbe sempre finanziato i deficit della Francia. Ma oggi la base industriale della Germania viene colpita davanti ai nostri occhi. Con l’aumento del problema del deficit nelle 20 nazioni che utilizzano la moneta, le elezioni del Parlamento Europeo di giugno potrebbero rivelarsi il “momento della verità” per l’euro. “Il mercato azionario non è l’economia” è una frase molto usata in finanza. L’esempio più attuale arriva dal Giappone. L’economia del Paese del Sol Levante è scivolata in recessione tecnica. La domanda interna anemica ha fatto contrarre il PIL dello 0,4% su base annualizzata nel quarto trimestre del 2023, dopo un calo del 3,3% nel trimestre precedente. Questo misero risultato arriva proprio mentre la Bank of Japan stava pensando di uscire dal regime dei tassi di interesse negativi, una mossa che gli economisti prevedevano a marzo o aprile. Staremo a vedere se la banca centrale darà seguito ai segnali inviati a gennaio di un rapido ritiro degli stimoli monetari dopo questa performance economica. La contrazione economica potrebbe di certo avere delle implicazioni per le future decisioni politiche della BOJ ma non sembra averle per il mercato azionario. L’indice Nikkei 225 sta sovraperformando la maggior parte degli indici azionari globali ed è sempre più vicino al suo massimo storico, stabilito nel dicembre 1989. Oltrepassare il record di 38.915 potrebbe aprire un nuovo capitolo per le azioni giapponesi. D’altronde sono cambiate molte cose negli ultimi anni. Il Giappone è stato intrappolato in un circolo deflazionistico decennale, ma ora l’inflazione è tornata. Per decenni, gli investitori internazionali hanno evitato le azioni giapponesi, i cui magri guadagni rispecchiavano la prolungata stagnazione economica del paese. Dopo lo scoppio della bolla finanziaria negli anni ‘90 e i “decenni perduti”, è iniziata la ripresa. Il benchmark di Tokyo ha guadagnato il 28,2% nel 2023, battendo comodamente l’indice S&P 500. La sua performance da inizio anno segna il 16%. Per gli investitori stranieri, una confluenza di fattori ha reso le aziende giapponesi più attraenti. Le recenti riforme di corporate governance promosse dalla Borsa di Tokyo hanno portato le società giapponesi a cercare di aumentare i rendimenti per gli azionisti attraverso buyback e dividendi. La debolezza dello yen ha incrementato i profitti aziendali e reso le azioni giapponesi, già convenienti rispetto agli standard internazionali, ancora più convenienti. Warren Buffet è stato il promotore di più alto profilo delle azioni giapponesi, che hanno beneficiato anche delle sfortune di altri paesi, in particolare della Cina. L’agenda macroeconomica che va dal 19 al 23 febbraio 2024 sarà caratterizzata da alcuni dati macroeconomici di rilievo per le principali economie del Vecchio Continente e per gli Stati Uniti. A catalizzare l’attenzione degli operatori di mercato saranno i verbali dell’ultima riunione di politica monetaria della Federal Reserve. Altri dati degni di nota saranno gli indici PMI (manifatturiero, servizi e composito) di febbraio, l’inflazione dell’Eurozona e il PIL del quarto trimestre e gli indici IFO della Germania. Segnaliamo infine che domani Wall Street rimarrà chiusa per festività (Washington’s birthday), le contrattazioni riprenderanno regolarmente martedì 20 febbraio.

 

VENERDI’

I listini dell’Asia hanno chiuso positivi con la Cina chiusa per festività. Nei singoli paesi lo Shanghai composite chiusa per festività, China A50 chiusa per festività, Hang Seng +2,55%, il Nikkei +0,92%, l’Australia ha chiuso +0,69%, Taiwan -0,20%, la Corea del Sud Kospi +1,34%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,53%. Il nostro FTSEMib +0,12%, Dax +0,42%, Ftse100 +1,50%, Cac40 +0,32%, Zurigo +0,23%. Il Nasdaq ha chiuso a -0,82%, S&P500 -0,42%, il Russell2000 -1,39%. L’oro ha chiuso a 2.025,50 dollari l’oncia, mentre il petrolio ha scambiato a 78,24$ per il wti e 83,53$ per il brent inglese.  Il prezzo del Natural Gas quotato sul mercato di Amsterdam è di € 24,822. Lo spread BTP/BUND ha chiuso a 149,050. L’indice VIX (il termometro dei mercati cioè la volatilità) chiude a 14,24%. Nel periodo pre-covid si attestava tra il 20% e l’11% e sono i due livelli che contraddistinguono la tranquillità dei mercati finanziari.

 

PRE-APERTURE

I listini dell’Asia aperti si avviano a chiudere misti. Nei singoli paesi lo Shanghai composite +1,40%, China A50 +0,67%, Hang Seng -0,78%, il Nikkei -0,08%, l’Australia ha chiuso +0,09%, Taiwan +0,15%, la Corea del Sud Kospi +1,19%, l’indice Indiano Sensex ha chiuso +0,38%. Al momento in cui scrivo i mercati europei hanno una previsione di apertura positiva così come l’America. L’oro si attesta a 2.032,85 dollari l’oncia, mentre il petrolio chiude intorno ai valori di 77,89$ per il greggio e 82,89$ per il brent. Infine il Bitcoin quota 52.392 e l’Ethereum 2.924.

 

Buona giornata e buona settimana.













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